Gas e non solo. L’UE torni ad essere pacifica e capace di dialogare con tutti. Mia intervista a un portale russo

Ho trascorso quasi tutta la mia vita in un’Unione Europea ecologica, pacifica, capace di dialogare con tutti. Poi sono entrato nel Parlamento Europeo e mi sono ritrovato in un’UE che pur di fare a meno del gas russo é disposta a benedire le trivelle e a stendere il tappeto rosso davanti al fracking e al nucleare. Un’UE che smania per allargare la sua influenza verso Est anche a costo di prendere sottobraccio un’impresentabile Ucraina, un’UE decisa a fare la guerra commerciale alla Russia anche a costo di imporle sanzioni che danneggiano le economie degli Stati membri – Italia compresa – almeno quanto l’economia russa.

Queste posizioni contrarie ad ogni comune buonsenso e ad ogni aspettativa di un futuro prospero sono fortemente radicate ed amplissimamente diffuse all’interno di questa UE (ma povera UE!, che cosa ti é successo?): sono così radicate che una voce dissonante come la mia – durante un dibattito all’Europarlamento ho definito “bulimia espansiva” l’accordo di associazione dell’UE con la Moldavia – fa notizia ed arriva lontano. Sono stato intervistato dal portale russo di informazione Rubaltic, legato all’Immanuel Kant Baltic Federal University di Kaliningrad, nell’enclave russa affacciata sul Baltico e situata fra la Polonia e la Lituania. Kaliningrad una volta si chiamava Königsberg. Faceva parte della Prussia orientale e fu la città di Immanuel Kant, un filosofo che consideriamo tedesco: a testimonianza di come lingue culture popoli storia e sangue sono mescolati nell’Europa dell’Est (e non solo lì, per la verità).

L’intervista è stata appena pubblicata da Rubaltic in inglese e in russo. Trovate qui sotto il testo completo tradotto in italiano. Le domande prendono le mosse proprio dalla “bulimia espansiva” da me citata a proposito dell’accordo di associazione fra UE e Moldavia e poi spaziano sulle relazioni fra UE e Russia in materia di energia e non solo: il gas, i terminal costruiti o progettati dai Paesi Baltici per importare via nave gas liquefatto e fare a meno del gas russo, le sanzioni imposte dall’UE alla Russia, il defunto progetto del gasdotto South Stream e la decisione della Russia di sostituirlo con un gasdotto che passerà per la Turchia ed arriverà fino al confine fra Turchia e Grecia. Lì l’UE dovrà andare a prendersi fra due anni il gas (se riuscirà nel frattempo a costruire le infrastrutture necessarie), dal momento che la Russia non intende più utilizzare il gasdotto diretto verso l’UE che transita in territorio ucraino.

Ecco quello che ho detto a Rubaltic. Nella mia intervista non troverete la russofilia ma neppure la russofobia che adesso va così di moda nell’UE: sì, purtroppo ora in questa UE una posizione di equilibrio e di buonsenso spicca perché va nettamente controcorrente. Troverete invece il desiderio di un’Unione Europea ecologica, pacifica, capace di dialogare con tutti. Come sempre é stata, come deve urgentemente tornare ad essere.

1) Lei ha definito “bulimia espansiva” la politica dell’UE nei confronti della Russia e ha detto che é priva di buonsenso. Può sviluppare il concetto? Cosa intendeva esattamente?

Non ho usato l’espressione “bulimia espansiva” per descrivere la politica dell’UE verso la Russia. L’ho usata invece a proposito del precoce allargamento ad Est dell’UE verso quei Paesi che non hanno ancora superato a livello sociale il difficile periodo storico vissuto all’interno dell’URSS. La cortina di ferro é caduta: ma continua ad esistere nella loro anima. I Paesi dell’Europa dell’Est stanno modificando l’agenda europea in senso russofobo: sono convinto che un’Europa a 15 non avrebbe preso determinate decisioni. L’Unione Europea è nata per metabolizzare un passato diverso da quello dei Paesi ex sovietici: é nata per superare la divisione fra vincitori e vinti nella Seconda guerra mondiale.
Per metabolizzare la storia, del resto, ci vuole del tempo: in Italia, dopo 70 anni, a volte fatichiamo ancora a metabolizzare la contrapposizione fra fascisti e partigiani.
E poi, nell’Unione Europea, siamo già tanti da mettere d’accordo… A volte sembra di essere nella Torre di Babele. E’ un errore procedere a integrazioni forzate: la stessa creazione forzata e precoce di una moneta unica con gli squilibri che ha creato, dimostra che prima o poi i nodi vengono al pettine.

2) Come descriverebbe l’attuale situazione del mercato europeo dell’energia?

E’ troppo vincolato a logiche di mercato: l’energia é invece anche una questione sociale e politica (indipendenza energetica significa indipendenza politica). L’UE trascura questi due aspetti fondamentali. Inoltre, il mercato dell’energia nell’UE é tuttora fondato su una prospettiva fossile, mentre le energie fossili sono sì indispensabili, ma solo per il tempo necessario alla transizione verso una società basata sulle energie rinnovabili: dunque non ha senso investire in nuovi gasdotti e in nuove infrastrutture dedicate ai combustibili fossili.

3) Quando la Russia ha cancellato il progetto [del metanodotto] South Stream, l’anno scorso, molti esponenti politici dell’UE hanno espresso rammarico e disappunto: eppure essi stessi hanno osteggiato il progetto ed hanno creato ostacoli alla sua realizzazione. Come può spiegare una tale politica bifronte? L’UE non si è accorta dall’inizio che le sue sanzioni contro la Russia sono essenzialmente una spada a doppio taglio? Possiamo dire che gli interessi economici dell’Europa sono stati scavalcati dall’agenda politica?

Sì, ritengo che gli interessi economici siano stati sopravanzati dall’agenda politica e dall’intenzione di creare un casus belli. Ritengo anche che le sanzioni contro la Russia siano un’arma a doppio taglio e che possano innescare un circolo vizioso, anch’esso contrario agli interessi dell’Europa, da cui sarà difficile uscire a meno che non venga fermato subito. Quanto al South Stream, la reazione di molti politici europei mi ha fatto pensare al ragazzino che fa il bulletto finché non prende uno scappellotto da un ragazzo più grande di lui: e allora si mette piangere.

4) Le sanzioni contro la Russia danneggiano la sicurezza energetica europea?

Sì, la danneggiano: lo riconosce implicitamente anche la Commissione Europea dato che in maggio ha diramato una comunicazione sulla sicurezza energetica in cui si parla della necessità di prevenire e mitigare il rischio delle interruzioni nelle forniture di gas. Il tema é stato ripreso all’inizio dell’inverno da un’altra comunicazione della Commissione Europea sugli scenari che potrebbero verificarsi in seguito ad un’interruzione del gas russo. Questa situazione, inoltre, si inserisce in uno scenario già difficile perché caratterizzato dalla volatilità del mercato dell’energia e dai problemi di depletion dei giacimenti di combustibili fossili in vaste aree del pianeta che in passato hanno permesso una disponibilità energetica in crescita e quindi la stessa esistenza del modello della crescita economica e della globalizzazione.
 
5) I Paesi Baltici sono stati fra i più zelanti nell’imporre sanzioni alla Russia, compresa la richiesta di congelare importanti progetti che riguardano UE e Russia. Come giudica questo atteggiamento? E’ simile al modo in cui la Polonia cercò di silurare il [gasdotto] Nord Stream quando era sul punto di essere costruito?
 
Il problema alla base di determinate opposizioni e scelte politiche è per me sempre il medesimo: gli Stati baltici, come altri nell’Europa orientale, non hanno ancora metabolizzato il loro passato storico.
 
6) Quanto esattamente la perdita del South Stream rende vulnerabile l’Europa? Quanto danneggia la sicurezza energetica europea?
 
Senza South Stream, tutto dipende dall’Ucraina, dalla sua affidabilità, dalla sua intelligenza, dalla sua capacità di costruire buone relazioni a Est e a Ovest. L’Ucraina è un Paese cerniera: riuscirà a capire che la sua posizione geografica è la chiave della sua prosperità? Per ora, non sta sfruttando questo potenziale.
 
7) Come giudica i progetti della Lettonia e dell’Estonia per i terminal dedicati al gas naturale liquefatto? Quali sono le loro possibilità?
 
E’ comprensibile ed è giusto in un’ottica di resilienza che la Lettonia e l’Estonia non vogliano dipendere da un unico fornitore di gas. Ma la dipendenza dalle energie fossili di importazione equivale alla dipendenza politica e il mercato del LNG diventerà probabilmente instabile nel prossimo futuro: un crescente numero di Paesi prevede di acquistare LNG e questo causerà un aumento dei prezzi e forti concorrenze con gli attori in Asia. Ritengo che non abbia senso investire in infrastrutture per i combustibili fossili per due motivi: primo perchè non sono inesaurilibi ed ogni giorno che passa il rendimento energetico netto dell’estrazione diminuisce (Enery return over energy invested EROEI calante); secondo, il riscaldamento globale rende urgente la necessità di transire rapidamente a un modello energetico low o zero carbon
 
8) Il presidente dell’Ucraina, Poroshenko, recentemente ha detto in Svizzera che il suo Paese non avrà bisogno di gas russo nel giro di due anni. E’ realistico? Quali sono le possibilità dell’Europa di trovare fornitori alternativi di energia per sostituire la Russia o di abbandonare completamente la dipendenza dalle forniture russe
 
Mi meraviglierei se Poroshenko avesse detto una cosa diversa. Ha spiegato come pensa di realizzare in pratica questo obiettivo? Un conto sono i sogni o la propaganda, un conto il mondo reale con i suoi mille limiti. A livello europeo, la possibilità di trovare alternative alla Russia dipende dalle risorse economiche a disposizione, da quanto si vuole e si può investire, dalla disponibilità (che ora non vedo) di ottenere forniture a prezzi non superiori rispetto a quelli ora pagati alla Russia.E c’é un’altra considerazione. Per il momento, l’Unione Europea deve comunque dipendere da un fornitore di energia fossile: è meglio dipendere da chi si è dimostrato affidabile per decenni piuttosto che optare per alternative instabili, sia per motivi politico-religiosi, sia perché hanno dimostrato di essere oggetto di facili destabilizzazioni, sia perché a loro volta “vassalli” di altre potenze. Tutte queste caratteristiche li rendono fornitori inaffidabili e rendono a loro volta noi europei soggetti a tempeste o a pesanti influenze politico/finanziarie. Sotto questo aspetto, pur in un’ottica affaristica e di politica che io non approvo, Berlusconi non aveva tutti torti: egli aveva tessuto buone relazioni fra Italia e Russia sugli approvvigionamenti energetici, e sicuramente per questo é stato duramente osteggiato dai poteri forti occidentali.
 
9) Quale è la sua opinione sul progetto per sostituire il [gasdotto] South Stream – il South Stream turco? L’Europa è interessata a partecipare?
 
La notizia è ancora molto fresca. Bisognerebbe domandarlo alla Commissione Europea. Ho presentato un’interrogazione proprio per avere informazioni in proposito (non è ancora on line sul sito del Parlamento Europeo), la domanda è praticamente la medesima. Dice infatti:

“Secondo notizie di stampa, la compagnia russa del gas Gazprom ha deciso irrevocabilmente che sposterà lungo una rotta turca il passaggio del gas ora consegnato in Europa lungo la rotta ucraina. Lo farà perchè ritiene inaffidabile l’Ucraina: sta comprando meno gas rispetto alla quantità definita dagli “accordi di Bruxelles”, dunque la pressione negli stoccaggi è troppo bassa per garantire il flusso del gas verso l’Europa. La Russia ha avvertito l’UE che entro un paio di anni dovrà essere in grado di ricevere il gas al confine fra Grecia e Turchia: altrimenti perderà le forniture.

Ora al confine fra Grecia e Turchia non esistono – neppure in progetto – le infrastrutture necessarie. Si domanda alla Commissione

A) se, nell’interesse dei cittadini e dei consumatori europei, intende tornare ad avere buone relazioni commerciali con la Russia
B) quanto costerebbe costruire al confine greco turco le infrastrutture per la distribuzione del gas e se sarebbe possibile realizzarle nel giro di soli due anni

C) quanto costerebbero gli interventi di efficienza energetica per fare a meno di una quantità di gas pari a quella che ora entra in Europa attraverso la rotta ucraina e se sarebbe possibile realizzarli nel giro di soli due anni”

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