Mai così poco ghiaccio al Polo Nord. Ghiacci artici al minimo per questa stagione dell’anno. Lo mostra il grafico a sinistra. La crisi climatica si intreccia con il risiko planetario e con la deriva bellica drammaticamente in corso.
Le immense e mai sfruttate risorse naturali dell’Artico, infatti, sono come una gigantesca torta gelato tolta dal freezer e portata in tavola perché ha raggiunto ormai la temperatura giusta per essere affettata e servita senza difficoltà. Ed è in atto la lotta per aggiudicarsi la porzione più ghiotta.
Ma non c’è solo questo. L’estensione dei ghiacci artici non riguarda solo gli orsi polari e i trichechi. Essa funge da condizionatore d’aria e regola le temperature dell’emisfero Nord: quello nel quale viviamo.
Il condizionatore è guasto. Dall’inizio delle osservazioni satellitari, meno di 50 anni fa, ogni anno va perduto in media il 2% del ghiaccio. Complessivamente se n’è andata una superficie grande quanto l’Alaska: quasi sei volte l’Italia.
Va considerato anche che i grafici relativi all’estensione dei ghiacci artici descrivono l’area coperta almeno per il 15% di ghiaccio. Non fanno differenza fra il solido ghiaccio profondo e quello semifuso come e più di una granita.
Il ghiaccio profondo e compatto era dominante. Ne resta ben poco. Lo evidenzia la cartina a destra nell’immagine.
Non c’è solo l’Artico, tuttavia. Febbraio ha prodotto gli ennesimi dati climatici allarmanti. L’estensione complessiva dei ghiacci artici e antartici è la più bassa mai registrata in questo periodo dell’anno. A livello planetario, il mese è stato il terzo febbraio più caldo: quasi tutti i mesi di febbraio più caldi, peraltro, si sono verificati negli ultimi dieci anni.
Intanto l’UE di Ursula von der Leyen rinnega il Green Deal e pensa al riarmo. Gli USA di Trump voltano le spalle ai cambiamenti climatici, proclamano di voler annettere il Canada e la Groenlandia (piaccia o non piaccia a canadesi e groenlandesi), cercano un accordo con la Russia per lo sfruttamento dell’Artico.
Un filo unisce i ghiacci artici al minimo, le temperature sempre più alte, il crescente negazionismo climatico e i sussulti bellici che scuotono il pianeta.
Il filo è costituito dalla corsa ad accaparrarsi le ultime risorse naturali in un pianeta sempre più sfruttato e spolpato dalle attività umane: bisogna farsi largo con i carri armati.
L’Artico rappresenta un tesoro: una cassaforte ancora da aprire.
Già ora il 10% del petrolio e il 25% del gas sono estratti nell’Artico. Ma ci sono tanti altri idrocarburi e, in generale, in quell’area ristretta giace oltre il 20% delle risorse naturali ancora da sfruttare. Più i ghiacci fondono, più è facile estrarle.
Logico che a nessuno di coloro che detengono le leve dell’economia interessi mitigare l’aumento delle temperature. Ma è un circolo vizioso: sfruttare i combustibili fossili che ancora l’Artico custodisce significa aggravare la crisi climatica, favorire l’ulteriore aumento delle temperature, rendere irriconoscibile l’aspetto della Terra, rendere impossibile assicurare soprattutto una produzione alimentare sufficiente a sfamare tutti.
Sarebbe ora di riparare il condizionatore dell’emisfero Nord piuttosto che pensare a farci la guerra tra “Sapiens”.