HALEU, ovvero le omissioni di Pichetto sul ritorno dell’Italia al nucleare

Il ministro Pichetto ha preparato la legge delega per il ritorno dell’Italia al nucleare, bocciato da due referendum. Dice che sarà un “nuovo nucleare” basato su reattori SMR e sul nucleare di 4° generazione, cioè con nuovi combustibili e nuovi sistemi di raffreddamento

Il nucleare di quarta generazione fondamentalmente non esiste, o per lo meno impiegherà molto tempo prima di esistere davvero.

Il direttore di ENEA (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie) ha affermato in un’intervista che per la quarta generazione nucleare bisognerà aspettare fin verso il 2040-2045.

Quanto agli SMR (Small modular reactors, cioè piccoli reattori modulari), se si eccettuano i sottomarini nucleari ne esistono tre soli in tutto il mondo. Sono in Russia e in Cina. Pongono i medesimi problemi del vecchio nucleare: costi, tempi, scorie, rischio di incidenti. Ne pongono anche uno in più. Si chiama HALEU ed è il tipo di combustibile che molti modelli richiedono.

HALEU sta per High-Assay Low-Enriched Uranium: qualcosa come “uranio a basso arricchimento e ad alto dosaggio”. Contiene fino al 20% di Uranio-235, il materiale utile ai reattori nucleari. Il combustibile delle centrali nucleari tradizionali ha solo il 3-5% di Uranio-235.

Il punto è che l’Uranio-235 scarseggia.

Infatti l’Uranio-235 costituisce solo lo 0,7% del minerale di uranio estratto dalle miniere, dal quale viene isolato tramite il processo di arricchimento, ed esistono significative difficoltà di approvvigionamento dell’uranio.

Si è supplito “riciclando” gli arsenali nucleari della guerra fredda. L’Italia non ne possiede. In Occidente, hanno miniere di uranio Canada e Australia ai quali si deve, rispettivamente, il 15% e il 9% della produzione mondiale.

Una quantità del genere è appena sufficiente a Stati Uniti e Francia, che ora assorbono il 18% e l’8,8% dei consumi globali.

E i futuribili SMR italiani alimentati ad HALEU e così avidi di uranio? Non è dato di sapere dove lo prenderemo.

Ammesso e non certo concesso di trovare l’HALEU, i costi degli SMR che l’Occidente sta tentando di costruire si sono prima triplicati, poi quadruplicati, e infine settuplicati nel giro di pochi anni: si stima (proiezioni 2023) un costo finale di 12-21 mila dollari circa per kW di potenza installata.

Pagheranno le famiglie. Al confronto, finiranno per impallidire perfino le ultime bollette del gas.

Con gli SMR, va tratteggiandosi lo stesso scenario del reattore “tradizionale” di Flamanville, in Francia, che ha cominciato a produrre energia elettrica attorno a Natale dopo 17 anni di cantiere e 13,3 miliardi di spesa. Era previsto che bastassero cinque anni e 3,3 miliardi.

Infatti, la Corte dei conti francese, pochi giorni fa, ha invitato a sospendere il programma nucleare dal quale è nato Flamanville proprio a causa dei costi altissimi e non del tutto chiari.

Gli impianti per le rinnovabili, al contrario degli SMR occidentali, hanno superato da un pezzo lo stadio del prototipo. Hanno costi per kW installato infinitamente più bassi e tempi di costruzione molto rapidi. Non producono scorie radioattive, non causano incidenti gravi, non dipendono da un combustibile scarso e di importazione.

Il ritorno dell’Italia al nucleare e gli SMR non fanno gli interessi degli italiani.

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