Lo scandalo Pfizergate sui plurimiliardari appalti UE dei vaccini Covid ora annovera due cause giudiziarie. La prima – solo un aperitivo – è iniziata ieri, venerdì 15 novembre, davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in Lussemburgo. L’antipasto sarà servito venerdì 6 dicembre: si tratta di un distinto caso giudiziario con udienza preliminare presso il tribunale di Liegi, in Belgio.
Aperitivo ed antipasto coinvolgono la presidente dell’Unione europea, Ursula von der Leyen. Ma in tutti e due i casi il cuore della vicenda, che riguarda il suo ruolo nel maxi contratto con Pfizer, sembra ancora lontano.
Durante la pandemia, la Commissione europea ha firmato i contratti per gli acquisti dei vaccini che poi gli Stati membri hanno acquistato e pagato con il denaro dei contribuenti.
Al centro dei due casi giudiziari ci sono i messaggi, mai resi pubblici, fra von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla.
Attraverso questi messaggi, scrisse il New York Times, nella primavera 2021 si raggiunse l’accordo sul più grande contratto UE per i vaccini Covid: 900 mila dosi di Pfizer, più un’opzione su altrettante. Complessivamente oltre quattro dosi a testa per ciascun cittadino europeo.
Prezzo ufficialmente sconosciuto ma pari, secondo fonti giornalistiche, a 19,5 euro l’una, mentre nei precedenti contratti UE era di 15,5 euro.
È stato proprio il New York Times ad intentare la causa che ha avuto avvio venerdì davanti alla Corte di Giustizia UE in Lussemburgo. La testata statunitense lamenta di non aver ottenuto accesso ai messaggi scambiati fra von der Leyen e Bourla.
L’avvocato della Commissione europea ha ammesso che i messaggi esistono, ma ha asserito che non contengono nulla di sostanziale. La causa andrà avanti per mesi.
L’approccio che questa causa segue però lascia in ombra l’aspetto più importante della vicenda. E cioè: non risulta che a von der Leyen fosse stato assegnato un ruolo negli acquisti per i vaccini.
In proposito esiste un documento della Corte dei Conti UE. Dice che una struttura di esperti era collegialmente incaricata delle trattative: tuttavia le condizioni di fondo del maxi-contratto con Pfizer sono state negoziate direttamente da von der Leyen. La struttura di esperti le ha raccolte e ne ha curato i dettagli.
Riguarda invece il ruolo di von der Leyen nel contratto con Pfizer l’altra causa, quella del 6 dicembre a Liegi. Si è rivolto contro di lei alla giustizia belga un lobbysta, Frédéric Baldan, citando sia i messaggi con Bourla sia una sua presunta “usurpazione di funzione e di titolo”.
Però non risulta che von der Leyen sia indagata. C’è da risolvere una questione procedurale. L’EPPO, la procura antifrode dell’Unione europea, ritiene di costituire essa stessa l’ufficio di procura competente: praticamente, la pubblica accusa.
L’udienza preliminare del 6 dicembre serve per stabilire se è così. Nel qual caso bisogna mettere in conto ulteriori questioni procedurali: se ci saranno indagini, chi dovrà effettuarle?
Ci sono altre questioni giudiziarie relative agli acquisti UE di vaccini Covid. L’EPPO ha aperto proprie indagini sul cui oggetto non si è mai saputo nulla. Inoltre, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha già condannato la Commissione europea per la mancata trasparenza.
Nonostante questo, tuttora i contratti sono disponibili solo in versioni costellate di “omissis” e non sono noti nomi dei negoziatori. Si sa (l’ha detto la Corte dei Conti UE) che, fra acquisti e opzioni, questi contratti arrivano fino a 71 miliardi di euro e a 4,6 miliardi di dosi: più di 10 per ogni cittadino europeo.
Così tante dosi che, nel caso del maxi-contratto Pfizer, l’UE e la casa farmaceutica si sono poi accordate per ridurle del 40% e diluirne la fornitura fino al 2026. L’accordo prevedrebbe il pagamento anche delle dosi che non verranno più consegnate: i suoi termini, tuttavia, non sono stati resi pubblici.