I consumi di acqua ed energia costituiscono un lato oscuro, preoccupante e sottovalutato dell’AI, l’intelligenza artificiale che sempre più conquista spazio nell’economia e nella vita quotidiana.
L’intelligenza artificiale effettua un’enorme quantità di calcoli. Per farli, ha bisogno di così tanta elettricità che, viste le proiezioni per i prossimi 5 o 6 anni, le grandi aziende statunitensi dell’informatica stanno letteralmente dotandosi di centrali nucleari.
Per dissipare il conseguente calore, i data center vanno raffreddati. Un anno fa si pensava ottimisticamente che nel 2026, a livello globale, ogni anno sarebbe stata sufficiente l’acqua consumata da mezza Gran Bretagna.
Quei calcoli erano basati sul funzionamento di ChatGPT3, che elabora 175 miliardi di parametri: le serve mezzo litro di acqua per rispondere a 20-50 domande.
Ora è già arrivata chatGPT4. Mancano studi complessivi, ma già si sa che mezzo litro d’acqua le basta per scrivere soltanto una mail da cento parole. I calcoli globali saranno da rifare di conseguenza.
Quanto all’energia, nel 2023 i data center di tutto il mondo hanno consumato 15 TWh. Si stima che quest’anno consumeranno 46 TWh, dei quali 8 per le sole AI.
Si stima anche che i consumi per le sole AI saliranno a 52 TWh nel 2026 e addirittura a 625 TWh nel 2030: il doppio dei consumi italiani.
In vista di questo, Microsoft, Google ed Amazon hanno perfezionato vari contratti atomici quasi contemporaneamente, poche settimane fa. Ci vorranno molti anni prima che le forniture di energia nucleare diventino effettive. La mossa indica quanto è atteso in perdurante crescita il fabbisogno di energia elettrica.
Microsoft si è accordata con Constellation Energy per riaprire la centrale nucleare di Three Miles Island (Pennsylvania, USA). Fu teatro nel 1979 di un parziale meltdown nel reattore 2.
L’accordo prevede la riapertura del reattore 1, spento nel 2019. Verrà ripristinato con una spesa prevista di 1,6 miliardi. Tornerà in produzione nel 2028 e produrrà per Microsoft 835 MW di energia: una quantità che sarebbe sufficiente ai bisogni di 800.000 abitazioni.
Mesi fa Amazon ha acquistato il data center annesso alla centrale nucleare di Susquehanna (Pennsylvania), nella prospettiva di farlo funzionare con 460 o 960 MW di energia prodotta dalla centrale stessa.
Ora ha annunciato la firma di altri tre contratti nucleari (si parla di 500 mila dollari) attraverso i quali essa stessa investe nella costruzione di mini reattori nucleari SMR per avere, fra qualche anno, 620 o 1260 MW di energia. Dipenderà dai suoi bisogni – e se mai gli SMR raggiungeranno la maturità tecnologica e la scala industriale necessaria, cosa sulla quale vi sono seri dubbi.
Gli SMR (Small Modular Reactors) hanno potenza inferiore a 1 MW e ultimamente sono molto apprezzati anche dall’UE. Fra i compiti del commissario entrante Jorgensen c’è quello di farli decollare.
Benché se ne parli da decenni, gli SMR ancora non esistono, fatti salvi quelli dei sottomarini militari. Fanno eccezione due soli impianti in tutto il mondo, situati in Russia e in Cina.
I pochissimi esemplari in costruzione hanno costi crescenti e fuori controllo. I problemi di scorie e sicurezza sono uguali a quelli degli impianti tradizionali.
Dal canto suo, Google ha stretto un accordo con Kairos Energy per acquistare complessivamente 500 MW di energia nucleare prodotta da un imprecisato numero di piccoli reattori nucleari SMR, il primo dei quali è atteso in funzione nel 2030 negli USA. Le cifre e la durata del contratto non sono note.
Tutto questo significa che stiamo avviandoci verso una transizione digitale ed ecologica con l’energia nucleare e con l’AI che fa concorrenza agli esseri umani per usare l’acqua, sempre più scarsa e preziosa anche a causa dei cambiamenti climatici che rendono imprevedibili ed estremi i fenomeni meteo.
È questo il futuro che vogliamo? Sottrarre energia agli esseri umani per alimentare l’Intelligenza artificiale?
Bisognerebbe agire ora, altrimenti – anziché governare gli eventi – ne finiremo travolti come troppe volte è accaduto nella storia umana che si fa incantare dalle meraviglie della evoluzione tecnologica non valutandone mai per tempo i frequenti effetti collaterali.