E’ il Papa il più lucido su lavoro e tecnologia (e anche sulla guerra)

Ecco, ci risiamo. Non solo per la questione di pace e guerra. Anche a proposito del rapporto tra lavoro, tecnologia e intelligenza artificiale, papa Francesco I Bergoglio si  aggiudica il titolo di  più lucido fra i capi di Stati occidentali contemporanei. E’ infatti il sovrano della Città del Vaticano e soprattutto è l’unico leader politico d’Europa che ha compreso dove ci troviamo e dove stiamo andando, o forse e l’unico che dice pubblicamente la verità.

Conosciamo già le sue posizioni sull’origine della guerra in Ucraina: “l’abbaiare della Nato alle porte di Mosca”. E ancora, a guerra da poco scoppiata: “Essa è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno ‘scacchiere’, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri. La vera risposta, dunque, non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del PIL nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso – un modo diverso di impostare le relazioni internazionali”.

Con uguale lucidità venerdì scorso 3, maggio, il Papa ha parlato dei giovani in balìa delle “scelte sociali” che li espongono “ai venti della dispersione e del degrado” e che li spingono ad emigrare nella speranza di trovare lavoro per sfuggire a contratti precari e sottopagati. Ha poi sottolineato la necessità di “discernere fra le offerte di lavoro e le forme di sfruttamento” e ha detto che  “le trasformazioni del lavoro sono sempre più complesse, anche a motivo delle nuove tecnologie e degli sviluppi dell’intelligenza artificiale”.

Il Papa ha messo in guardia inoltre sia dalla tecnofobia – la paura della tecnologia –  sia dalla la tecnocrazia, “cioè l’illusione che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi”.

Francesco I – almeno lui – è consapevole che eh sì, la tecnologia può essere utile, ma è pericoloso lasciarle mano libera, specie per il suo più recente sviluppo, l’intelligenza artificiale: guai a farci indurre in tentazione di affidarle il compito esclusivo di prenderci per mano e di condurci, nella fideistica convinzione che ci porterà nel migliore dei mondi possibili. Per citare di nuovo le sue parole, “una tecnica senza umanità diventa ambigua, rischiosa e non è veramente umana”.

In giugno il Papa parteciperà alla sessione del G7 sull’intelligenza artificiale: riuscirà a spiegare che è necessario infonderle un’ anima per metterla veramente al servizio degli esseri umani?

Io confido che lo dirà e vorrei davvero sentire parole come queste, ed azioni conseguenti, anche da coloro che siederanno  dopo le elezioni europee 2024 nelle stanze dei bottoni di Roma e di Bruxelles.

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