Centrale geotermica Castel Giorgio sull’Alfina, i motivi per dire no

Il Governo deve decidere in poco tempo se autorizzare l’impianto pilota di Castel Giorgio. La valutazione di impatto ambientale, condotta anni fa, non ha considerato uno studio pubblicato su una rivista scientifica che apre prospettive di rischio per il territorio e per il vicino lago di Bolsena, che è area protetta UE

Il Governo deve decidere ormai in poco tempo se permettere o meno la realizzazione della centrale geotermica Castel Giorgio, sull’altopiano dell’Alfina, in Umbria, a poca distanza dal Lazio e dal lago di Bolsena. Poche ore fa abbiamo presentato un’interrogazione alla Commissione Europea: se mai l’impianto venisse autorizzato, quel territorio ed il lago di Bolsena – quest’ultimo costituisce un’area naturale protetta dalla UE – correrebbero un rischio che non è stato in nessun modo considerato durante la valutazione di impatto ambientale dell’impianto, condotta dai passati governi.

L’interrogazione è ora al protocollo. Non compare ancora sul sito del Parlamento Europeo ed il testo è in fondo a questo post.

La centrale geotermica Castel Giorgio sarebbe un impianto pilota binario senza emissioni in atmosfera: estrarrebbe i fluidi geotermici bollenti a migliaia di metri di profondità dal cosiddetto “serbatoio geotermico dell’Alfina” e ne utilizzerebbe il calore per produrre energia elettrica senza farli venire a contatto con l’atmosfera. Infine i fluidi verrebbero reiniettati nel sottosuolo ad una qualche distanza (proprio qui sta il problema!), evitando così di raffreddare la zona di prelievo.

Dal “serbatoio dell’Alfina” avrebbe dovuto attingere anche un’altra centrale geotermica che è stata bocciata dal Governo Gentiloni. Nemmeno allora, però, fu preso in esame il punto che abbiamo sollevato con l’interrogazione: uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Tectonophysics sostiene che il “serbatoio dell’Alfina” è compartimentato. Alla luce di questo lavoro, non sarebbe garantita l’intercomunicabilità nel sottosuolo fra punto di prelievo e punto di reimmissione dei fluidi. Una cartina tratta dai documenti progettuali aiuta a comprendere la situazione: in basso c’è il lago di Bolsena; a sinistra l’ingrandimento che riguarda l’impianto in questione.

Dagli elaborati progettuali depositati per la valutazione d’impatto ambientale si ricava che, se questa centrale geotermica venisse autorizzata, ogni ora verrebbero prelevate e reimmesse nel sottosuolo mille tonnellate di fluidi geotermici. Cioè 24.000 tonnellate al giorno; 8,7 milioni di tonnellate all’anno; 219 milioni di tonnellate nei 25 anni nei rappresentano la “vita tecnica” minima stimata dai progettisti per l’impianto.

In mancanza di intercomunicabilità fra punto di prelievo e punto di reimmissione, è facile immaginare l’enorme depressione che si creerebbe nel punto di prelievo e l’enorme pressione che si accumulerebbe invece nel punto di reimmissione. I conseguenti rischi più ovvi riguardano la sismicità innescata o indotta (in aggiunta a quella naturale) e la risalita dei fluidi geotermici, o delle sostanze inquinanti in essi presenti, verso la falda idrica e verso il lago di Bolsena. Delle prospettive per il lago si è parlato a Bruxelles durante l’audizione di sei petizioni italiane sulla geotermia inquinante.

Il lago di Bolsena e le sue isole costituiscono due aree naturali protette dalla UE attraverso la rete Natura 2000. Gli Stati membri devono garantire alla UE che le aree Natura 2000 vengano protette. E’ l’argomento attorno al quale ruota la nostra interrogazione.

Nell’estate scorsa abbiamo inviato una lettera ai ministri Costa (Ambiente) e Di Maio (Sviluppo Economico) per segnalare il lavoro scientifico sulla compartimentazione del serbatoio geotermico dell’Alfina che non era stato preso in considerazione durante la valutazione di impatto ambientale della centrale geotermica pilota Castel Giorgio. Ecco il testo dell’interrogazione.

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