Parlamento Europeo e Consiglio UE hanno trovato l’accordo politico. Il target da raggiungere entro il 2030 è pari al 32,5% ed è rivedibile nel 2023 solo al rialzo, ma non è vincolante né per gli Stati membri né per l’UE nel suo insieme
La Direttiva sull’efficienza energetica è inguaribilmente, definitivamente moscia. Il Parlamento Europeo ed il Consiglio UE (l’altro co legislatore europeo) hanno raggiunto il 19 giugno l’accordo politico sul testo definitivo del provvedimento apportando alcuni ritocchi a ciò che il Parlamento Europeo aveva approvato. Ho fatto parte della squadra negoziale del Parlamento Europeo in veste di responsabile per l’argomento all’interno del gruppo M5S-EFDD. Questo è il terzo provvedimento del pacchetto energia pulita che completa di fatto il suo iter legislativo, dopo la Direttiva per l’efficienza energetica nell’edilizia e la Direttiva rinnovabili (per quanto riguarda il Regolamento per la Governance dell’Unione dell’energia vi dedicheremo a breve un post a parte).
E’ rimasto poco o niente dello slancio che eravamo riusciti ad imprimere alla Direttiva efficienza energetica grazie al voto della commissione parlamentare ITRE (energia e industria), all’inizio dell’iter nel Parlamento Europeo. Non c’è più traccia di target vincolanti di efficienza energetica a livello nazionale; a livello UE, il target da raggiungere entro il 2030 è pari al 32,5% (possibile una revisione, esclusivamente al rialzo, nel 2023), ma non è un target vincolante: dunque, è come se fosse scritto sull’acqua.
Stringi stringi, questa direttiva impone agli Stati UE un unico obbligo: quello di adottare misure per l’efficienza energetica tali da produrre un risparmio di energia pari ad un misero 0,8% annuo. Gli Stati possono scegliere se attuare questi risparmi sull’energia primaria (cioè sulla catena di produzione energetica), oppure sul consumo finale di energia (come i consumi delle persone e delle aziende) o ancora su un mix fra i due.
Merita qualche riga anche il cambiamento del PEF (Primary Energy Factor, fattore di energia primaria) inserito nella direttiva. Il PEF è il fattore di conversione che viene utilizzato per poter comparare i diversi vettori energetici, indipendentemente dalla fonte utilizzata per generarli. Indica quanta energia primaria viene utilizzata per generare un’unità di energia elettrica o un’unità di energia termica utilizzabile. L’UE ora normalmente adotta per tutti i suoi calcoli un PEF pari a 2,5. Quando la Direttiva sull’efficienza energetica entrerà in vigore, il PEF adottato dall’UE sarà normalmente pari a 2,1. Un dettaglio peggiorativo non indifferente.
Infatti il nuovo coefficiente PEF verrà utilizzato dalla UE a 360 gradi, e non solo per questa direttiva, con effetti ancora da analizzare in ogni singolo campo. Uno di questi effetti però già lo conosciamo: il regolamento relativo all’efficienza energetica delle apparecchiature che consumano energia (le etichette energetiche di frigo, lavatrici, televisori eccetera) del quale sono stato relatore per il Parlamento Europeo era stato concepito sulla base di un PEF pari a 2,5. Abbassando il PEF, i prodotti coperti da etichetta energetica risalgono un po’ nella classifica dell’efficienza. Quando il diavolo si annida nei dettagli…
Ora il testo della Direttiva sull’efficienza energetica uscito dal negoziato politico fra Parlamento Europeo e Consiglio UE dovrà essere formalmente approvato dalle due istituzioni. In seguito verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea: a quel punto la Direttiva entrerà in vigore e gli Stati membri dovranno recepirla nelle legislazioni nazionali entro 18 mesi.