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I passi verso la ratifica

L'approvazione del CETA da parte di Parlamento Europeo e del Consiglio UE ha reso possibile, a partire dal 21 settembre 2017, l'applicazione provvisoria e a tempo indeterminato del trattato ad esclusione della clausola ISDS-ICS e poco altro. Per l'entrata in vigore definitiva e totale é necessaria la ratifica dei parlamenti di tutti i 28 Stati UE, ovviamente Italia compresa. Il Canada ha già provveduto a ratificare il trattato.

Il Canada

Il Canada ha effettuato la ratifica del CETA con una legge approvata nel maggio 20171). In seguito ha ritoccato la legislazione nazionale in materia di farmaci e di appalti pubblici per renderla compatibile con il trattato.

Gli Stati UE

Il CETA è già stato ratificato da Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Spagna, Gran Bretagna, Croazia, Lituania, Lettonia, Malta, Portogallo, Svezia2). L’Iter per la ratifica - congelato in Belgio in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia dell'Unione Europea - è in corso in vari Stati fra cui l’Italia.

Secondo la coalizione Stop TTIP3), in alcuni Stati UE il CETA dovrà ricevere l’approvazione di più camere: fra gli Stati in cui la ratifica non è stata ancora effettuata, sono in questa situazione Belgio, Germania, Francia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Romania, Slovenia.

Inoltre, nella metà degli Stati UE é possibile, a certe condizioni, indire referendum relativi all’approvazione di trattati internazionali: un referendum sul CETA è ancora possibile in Bulgaria, Francia, Grecia, Irlanda, Croazia, Olanda, Austria, Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria. In particolare, il referendum può partire da un’iniziativa dei cittadini in Slovacchia, Ungheria ed Olanda.

L’Italia

La ratifica del CETA sembrava un mero atto formale che il Parlamento italiano, dietro impulso del Governo Gentiloni, avrebbe sbrigato prima della pausa estiva 2017. Il Governo ha approvato il disegno di legge per la ratifica del trattato il 24 maggio 20174) e l’esame è cominciato in Senato 5) ma si è ben presto arenato a causa della mobilitazione degli agricoltori6), preoccupati per le conseguenze sull'agricoltura e per la scarsa tutela dei prodotti agroalimentari italiani a denominazione d'origine. Contro il CETA si sono inoltre schierati Regioni7), Comuni8) e Comunità Montane9)10), col risultato che il voto è stato rimandato a data da destinarsi11) e quasi contemporaneamente è nato un intergruppo parlamentare formato da deputati e senatori contrari al CETA e provenienti da varie forze politiche, comprese quelle che sostenevano il Governo allora in carica12).

Dopo le elezioni politiche 2018 si è insediato il Governo del Cambiamento, nel cui contratto non è contemplata la ratifica del CETA: nel capitolo dedicato all'Unione Europea si dice anzi13) che “per quel che riguarda CETA, MES-China, TTIP e trattati di medesima ispirazione ci opporremo agli aspetti che comportano un eccessivo affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini, oltre a una lesione della corretta e sostenibile concorrenza sul mercato interno”.

Soltanto pochi giorni più tardi, sia il vice primo ministro Di Maio14) sia il ministro dell'Agricoltura15) hanno annunciato che l'Italia non avrebbe ratificato il CETA.

Il “no” del Parlamento Italiano alla ratifica del CETA aprirebbe scenari finora scarsamente esplorati dal diritto. Rispondendo ad un'interrogazione in proposito presentata da un europarlamentare francese16), la commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, si è limitata a ripetere i termini dell'impervia via d'uscita dal CETA stabiliti dal Consiglio UE in sede di approvazione del trattato.

5)
qui il dossier complessivo con i link a tutti gli atti: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/48101.htm