Comunità energetiche rinnovabili, le maglie più larghe per i fondi Pnrr sono il frutto di un pasticcio

Il ministro Pichetto ha annunciato maglie più larghe per l’accesso ai fondi PNRR da parte delle CER, le comunità energetiche rinnovabili. Una buona notizia? In realtà, il frutto di un pasticcio suo e della Commissione europea.

Il contributo pari al 40% delle spese per gli impianti sarà accessibile fino al 30 novembre anziché fino al 31 marzo, dice ora il ministro. Inoltre, gli impianti non dovranno più essere situati in Comuni con meno di 5 mila abitanti. Basterà che gli abitanti siano meno di 30 mila.

I possibili beneficiari sono più numerosi: ma tanto per cominciare sono ancora discriminati e tagliati fuori i residenti nelle città piccole e grandi.

Inoltre, il ripensamento ministeriale – che deve ancora essere messo nero su bianco – verosimilmente nasce dal flop dei fondi PNRR per le CER come finora il Governo li ha strutturati e la Commissione europea li ha avvallati.

Sono a disposizione 2,2 miliardi. A fine 2024 ne era stato richiesto solo il 10%. Motivo? I pasticci di Pichetto, appunto, con il silenzio complice della Commissione.

Viene da chiedersi se non vi sia stata una volontà di boicottare le CER e l’uso dei fondi UE ad esse dedicati.

L’Italia ha creato una porta troppo stretta per le CER, sia in sé sia a proposito dei fondi PNRR, e l’ha collocata in cima ad una ripida salita, anche se la direttiva rinnovabili vieta le discriminazioni e insiste sul fatto che tutti devono avere la possibilità di partecipare ad una CER. Vedere in proposito l’articolo 22, paragrafo 1 e paragrafo 4, lettere da e) a i)

Durante il mio primo mandato al Parlamento europeo ho avviato il percorso legislativo che ha portato alla nascita delle comunità energetiche rinnovabili. Esse sono entrate nel diritto europeo nel 2018. Consentono a cittadini e realtà territoriali di autoprodurre, scambiare, vendere l’energia rinnovabile prodotta da impianti comuni.

A fine 2024 in Italia c’erano solo 94 comunità energetiche rinnovabili, mentre ce n’erano già 4.000 in Germania e 1.600 in Grecia.

Il motivo? L’Italia ha pubblicato il decreto attuativo delle CER solo nel gennaio 2024, dopo oltre due anni da recepimento della direttiva. Gli incentivi sono stati pubblicati mesi più tardi.

Poi con il PNRR l’Italia ha dato modo di ottenere un contributo pari al 40% delle spese in conto capitale per gli impianti, ma solo nei piccolissimi centri e dopo un percorso burocratico il cui adempimento è assimilabile alla conquista di un posto nella finale olimpica dei 3000 siepi.

Già questo è un pasticcio. Ma l’Italia ne ha fatto anche un altro.

Nei documenti nazionali e UE ufficiali relativi ad Italia e PNRR è scritto che i contributi PNRR riguardano “in particolare” le CER situate in Comuni con meno di 5.000 abitanti: cosa che non esclude gli altri comuni. Tuttavia, questo “in particolare” non compare mai nelle parti realmente dispositive del decreto attuativo italiano.

Il risultato è che le uniche beneficiarie sono le CER nei Comuni con meno di 5.000 abitanti, in violazione del principio di non discriminazione nella erogazione di meccanismi di sostegno da parte degli Stati membri presente nella stessa Direttiva rinnovabili

A questo proposito, durante la scorsa legislatura la collega Tiziana Beghin ha presentato a gennaio 2024 un’interrogazione prioritaria che ho contribuito a scrivere per lei.

La risposta della Commissione europea, arrivata peraltro dopo quasi tre mesi anziché entro il termine stabilito di tre settimane, ha evitato accuratamente di affrontare il nocciolo della questione, inclusa la segnalazione che l’assetto scelto avrebbe messo a rischio l’uso efficiente dei fondi PNRR.

E ora, seminati i chiodi sulla strada delle CER, il ministro promette che anche le CER nei Comuni fino ai 30.000 abitanti potranno accedere ai fondi PNRR e lascia tempo fino a novembre per presentare la domanda.

Però non lo ha ancora messo per iscritto e il termine ultimo per presentare la domanda scade tuttora fra due settimane.

È bello avere delle certezze nella vita, e qui una certezza c’è: se ci sarà la proroga, sfruttarla non sarà solo come partecipare alla finale olimpica dei 3000 siepi. Sarà proprio come vincere la gara.

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