Un’altra questione si va sollevando sulla sciagurata idea della amministrazione Gualtieri di costruire a Santa Palomba il maxi inceneritore di Roma. Questa volta si tratta di una denuncia all’Autorità della Concorrenza e di una nuova interrogazione alla Commissione europea.
Le associazioni della Rete Tutela Roma Sud hanno denunciato all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il Comune di Roma e Roberto Gualtieri per non avere valutato come da obbligo di legge le alternative all’inceneritore.
Ipotizzano l’intervento a favore di Acea, alterando la leale competizione. Di conseguenza chiedono al Governo di sospendere l’iter per la costruzione dell’impianto.
Nel comunicato stampa, le associazioni scrivono di avere le prove “che le proposte alternative [all’inceneritore, ndr] presentate durante la Valutazione Ambientale Strategica, sono state censurate o rifiutate, senza alcun approfondimento”.
Sottolineano inoltre che le norme UE sulla concorrenza non possono essere aggirate nemmeno da Gualtieri in qualità di Commissario. Annunciano l’intenzione di denunciare all’Autorità della concorrenza “anche il meccanismo di condivisione delle ‘perdite’ attraverso il quale si vogliono fare pagare ai cittadini di Roma eventuali riduzioni del prezzo dell’energia”.
E non è finita. Anche all’ex sindaco di Roma Ignazio Marino non è sfuggita la questione del rispetto delle norme UE sulla concorrenza: ma su aspetti diversi da quelli sollevati dalla Rete Tutela Roma Sud. Ha presentato un’interrogazione alla Commissione che ho cofirmato e che sarà online sul sito del Parlamento europeo a giorni.
Si tratta della seconda sulla questione inceneritore romano. Si aggiunge a quella sulla mancata coerenza con gli obiettivi ambientali UE. L’avevo sollevata in una mia prima interrogazione urgente inviata a fine luglio alla Commissione europea. Era firmata da tutti i colleghi europei del MoVimento 5 Stelle Europa e da Ignazio Marino e Benedetta Scuderi. Sta ancora aspettando la risposta, teoricamente dovuta in tre settimane.
In genere, la Commissione europea si prende più tempo del previsto per fornire le risposte se si tocca qualche nervo scoperto.
Il più delle volte il tempo serve per trovare un qualche giro di parole che aggiri la domanda. Altre volte (sebbene più di rado) le interrogazioni portano a lunghe contrattazioni tra la Commissione europea e le istituzioni locali. Talvolta a procedure di infrazione.