Repressione in Bangladesh, un Paese vittima collaterale delle sanzioni alla Russia

Oltre 200 morti nelle manifestazioni di piazza succedutesi dal primo luglio, violenta repressione, migliaia di arresti, coprifuoco.

Il Bangladesh e i 170 milioni di bengalesi dal 2008 hanno un regime che certo non è democratico: tuttavia la situazione è precipitata soltanto ora.

Infatti, pur essendo un Paese povero, il Bangladesh ha goduto per lunghissimi anni di una relativa crescente prosperità. Poi la sua economia è diventata una vittima collaterale della guerra in Ucraina e delle sanzioni occidentali contro la Russia. Esse hanno innescato in Bangladesh una profondissima crisi economica.

Il Governo bengalese ha chiesto aiuto al Fondo Monetario Internazionale, che l’ha dato: ma in cambio delle solite “riforme” di impronta neoliberista.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha fatto scoppiare in Bangladesh le proteste di piazza è stata l’assegnazione del 30% degli impieghi pubblici ai familiari di coloro che nel 1971 combatterono nella guerra d’indipendenza dal Pakistan.

Anche se domenica 21 luglio la Suprema Corte ha ridotto la quota al 3%, più un altro 2% di quote per minoranze varie, sono proseguiti gli scontri fra polizia e manifestanti, gli arresti, le morti.

L’obiettivo delle proteste, trainate dagli studenti universitari, sono diventate le dimissioni del Governo.

Al governo del Bangladesh c’è l’Awami League, che aveva guidato la guerra di indipendenza contro il Pakistan nel 1971: a questo si può accostare l’interessamento per il massiccio inserimento nel pubblico impiego dei discendenti dei reduci. L’Awami League è ininterrottamente al potere dal 2008.

I partiti di opposizione hanno boicottato le elezioni successive (le ultime si sono svolte nel gennaio scorso) citando brogli e violenze.

Ovviamente una situazione del genere è inaccettabile. Tuttavia non si erano mai verificate proteste paragonabili a quelle ora in corso. Che cosa è cambiato?

E’ cambiato che fino all’estate del 2022 il Bangladesh – anche se povero – ha vissuto un miracolo economico. Poi il barometro economico (e dunque sociale) ha virato bruscamente verso la tempesta.

Fino al 2022, e fatti salvi come ovunque i mesi del Covid, la crescita economica del Bangladesh è stata per lunghissimi anni esponenziale. Nel secondo decennio di questo XXI secolo i poveri sono dimezzati: dal 48,9 al 24,3%. Ulteriormente scesi al 18,7% nel 2022. Certo questo non ha trasformato il Bangladesh nel Paese del bengodi: ma le condizioni di vita sono diventate man mano sempre migliori.

Però già a metà 2022 il Bangladesh era dal Fondo Monetario Internazionale con il cappello in mano.

Come nota l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), le sanzioni sulle istituzioni finanziarie russe imposte dall’Occidente dopo lo scoppio della guerra in Ucraina hanno colpito anche il Bangladesh disgregando i suoi scambi commerciali con la Russia.

Nel 2021 il Bangladesh ha esportato in Russia per 550 milioni di dollari ed ha importato dalla Russia vari beni, fra cui derrate alimentari, per 480 milioni. Il Bangladesh inoltre, in quanto importatore di petrolio, ha risentito dell’aumento dei prezzi dell’energia causato dalla guerra.

Una recentissima analisi sull’Asian Journal of Economics va oltre. Rileva che in Bangladesh gli effetti di guerra e sanzioni occidentali antirusse hanno avuto forte impatto non solo sugli scambi commerciali e sui prezzi di energia e materie prime, ma anche su rimesse degli emigrati, investimenti stranieri, stabilità macroeconomica, prezzi e la disponibilità dei beni di uso quotidiano, costo della vita, qualità della vita, potere d’acquisto.

L’economia russa continua a crescere (il Gruppo Banca Mondiale ha appena inserito la Russia fra i Paesi ad alto reddito) anche se secondo i leader occidentali le sanzioni l’avrebbero messa in ginocchio in poche settimane. Di Maio, marzo 2022: “La Russia è quasi in default”.

Però l’effetto delle sanzioni contro la Russia lo sentiamo pesantemente noi europei quando andiamo al supermercato, facciamo benzina, paghiamo una bolletta. E lo sentono in modo ancora più pesante Paesi poveri come il Bangladesh.

Il Consiglio UE ha appena prorogato le sanzioni per altri sei mesi. Possiamo sentirci veramente in una botte di ferro, con statisti di simile levatura nella stanza dei bottoni.

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