Fake news e pluralità di espressione. Il delitto perfetto su internet
Bruxelles sollecita le piattaforme internet ad “autoregolamentarsi”; Facebook e Google eseguono. Il caso Byoblu e la nostra interrogazione
E’ il delitto perfetto. La Commissione Europea sta dimostrando di essere in grado di colpire la pluralità di espressione su internet senza che sia possibile accusarla di censura: l’azione é infatti ribattezzata “lotta contro le fake news” ed é demandata a Google e Facebook attraverso scelte aziendali che privilegiano i contenuti omogenei a quelli diffusi dai media mainstream. Le scelte aziendali per definizione sono arbitrarie, e di esse non bisogna rendere conto ai cittadini. Il caso Byoblu é nato così, e tutto lascia pensare che questo sia solo l’inizio.
In proposito abbiamo presentato un’interrogazione alla Commissione Europea. Il testo é in fondo a questo post.
Fin qui il riassunto della situazione.
Ora l’analisi.
Tutto é cominciato con la lotta della Commissione Europea contro l’incitamento all’odio su internet (hate speech online). Una lotta, richiesta dal Consiglio UE, che è sfociata nel maggio 2016 in un codice di condotta concordato fra la Commissione Europea e le grandi società tipo Youtube e Twitter per rimuovere determinati contenuti dal web.
In seguito, però, la Commissione Europea ha abbinato alla lotta contro l’incitamento all’odio anche la lotta alle fake news su internet. Alle fake news l’estabilishment ha attribuito due fatti molto sgraditi a Bruxelles – la Brexit e la vittoria di Trump – nei quali hanno giocato un ruolo sia l’esistenza di canali di informazione alternativi sul web sia gli esiti fallimentari delle politiche attuate dall’estabilishment stesso.
Nessuno ha mai definito il confine fra fake news ed informazione alternativa rispetto al mainstream. Nessuno ha incaricato della lotta contro le fake news la Commissione Europea, il cui ruolo non contempla questo genere di iniziative. Tutto si é svolto in modo informale: più volte vari esponenti della Commissione Europea hanno sollecitato le piattaforme internet ad agire contro le fake news attraverso l’autoregolamentazione. Google e Facebook da mesi ormai stanno autoregolamentandosi di conseguenza, ma secondo Bruxelles é ancora insufficiente.
Per inciso, da tempo la Commissione Europea minaccia di megamulte sia Facebook (acquisizione di WhatsApp) sia Google, su cui pendono tre accuse legate all’antitrust. I due giganti hanno tutto l’interesse a rimanere in buoni rapporti con la Commissione.
Siccome la Commissione é insoddisfatta, è lecito attendersi ulteriori interventi contro le fake news. Alcuni fra i principali provvedimenti sinora presi dalle due piattaforme, sebbene assai labirintici, possono essere sintetizzati così:
- negare i proventi pubblicitari ai siti che ingannano gli utenti in vario modo, ad esempio a proposito della propria natura (Google; ne consegue il caso Byoblu, che é in sostanza accusato di occuparsi di fatti di attualità senza essere una testata giornalistica)
- etichettare come “verificate” le notizie che hanno superato la “scrematura” effettuata utilizzando sia un algoritmo sia il fatto che sono state pubblicate da siti che “seguono i criteri comunemente accettati per la verifica dei fatti” (Google News nelle edizioni USA e Gran Bretagna)
- indicare come “controverse” le notizie giudicate false da un team di esperti legati ai media mainstream e dare loro meno visibilità (Facebook)
- modellare la gerarchia e il flusso dei contenuti visti da ciascun utente attraverso un algoritmo che tiene anche conto dell’autenticità, determinata attraverso le reazioni degli altri utenti e la pagina da cui proviene ciascun contenuto (Facebook)
Tutti questi criteri per individuare e colpire le fake news sono in ultima analisi riconducibili ad una valutazione del sito che le pubblica e all’omogeneità rispetto ai contenuti diffusi dalle grandi testate giornalistiche, anche se esse diffondono notizie false (vedi il caso Beatrice di Maio) o così incomplete e fuorvianti da trarre in inganno i lettori.
In quest’ottica, sono una potenziale fonte di fake news anche i nostri Scarabocchi e tutti i blog che espongono i fatti in una prospettiva diversa rispetto ai grande media tradizionali.
E’ la censura. E’ la più perfetta delle censure possibili perché, primo, formalmente nessuno l’ha istituita e, secondo, perché nessuno viene cancellato dal web: i siti con contenuti sgraditi diventano semplicemente meno visibili oppure onerosi da mantenere per i proprietari, che non possono più contare sui proventi della pubblicità. Non è vero che viviamo nell’epoca della post-verità: viviamo invece nell’epoca della post-libertà su internet.
Ecco il testo della nostra interpellanza alla Commissione Europea sul caso Byoblu