Bando UE. Cercasi esperti per salvare le reti comunitarie e mesh

Bando UE per costituire un gruppo di esperti provenienti dalla società civile in vista delle norme applicative su WiFi e software che potrebbero stroncare i collegamenti a internet tramite le reti comunitarie senza fili

Le reti comunitarie, comprese le reti mesh, potranno continuare ad esistere o invece l’UE le stroncherà? Ne avevamo già parlato in un precedente post a inizio ottobre (Reti comunitarie e mesh: nuova direttiva UE rischia di soffocarle), ma ora si avvicina il momento della verità per le infrastrutture di telecomunicazioni senza fili e senza padroni che più si avvicinano al concetto di “Internet Bene Comune”. Le reti comunitarie sono generalmente basate sul WiFi  – dunque su apparecchiature radio – e sono create e condivise dai cittadini. Possono fornire un servizio di connettività internet a banda ultra larga anche in zone in digital-divide perché disdegnate dai provider tradizionali.

Come previsto dalla direttiva UE 2014/53/UE RED (Radio Equipment Directive) sulle apparecchiature radio, che é stata varata prima che il M5S avesse dei rappresentati nel Parlamento Europeo, l’UE si prepara a redigere l’atto delegato con le regole tecniche che stabiliranno – fra l’altro – quali apparecchiature radio devono ospitare solo software certificati come compatibili dal produttore. Anche gli apparati WiFi dovranno avere solo software certificato? Se la risposta sarà “sì”, sulle reti comunitarie e sui WiFi liberi sbocciati in tutta l’UE si abbatterà una gelata.

In vista dell’atto delegato, la Commissione Europea ha pubblicato in questi giorni il bando per costituire un gruppo di 25 esperti sui sistemi radio riconfigurabili (“Reconfigurable Radio Systems“): é l’unica occasione in cui organizzazioni non governative e rappresentanti di interessi collettivi possono far sentire la propria voce. Il bando é scaricabile da questa pagina (c’é tempo fino al 15 gennaio) ed include i criteri di selezione che saranno applicati se le candidature saranno più numerose rispetto ai posti disponibili. Non é previsto un compenso: solo rimborsi spese per eventuali viaggi a Bruxelles.

Le reti comunitarie sono come dei “cespugli” WiFi spuntati sui cavi delle dorsali internet. Nascono il più delle volte per iniziativa di associazioni no profit formate da cittadini che acquistano collettivamente l’accesso al web a prezzi d’ingrosso. I “rami” che rilanciano e diffondono il segnale sono basati su vari apparati WiFi nei quali viene comunemente inserito un software  diverso da quello fornito dal produttore  affinché essi siano in grado di connettersi dinamicamente l’un l’altro.

Il software diverso da quello fornito dal produttore – e dunque non certificato – potrebbe diventare illegale in seguito all’ “atto delegato” in preparazione.

Le reti comunitarie dimostrano che é possibile affrancarsi dai grandi provider oligopolisti e navigare a prezzi mediamente inferiori e a velocità mediamente superiori. In diverse zone d’Italia con le reti comunitarie si naviga a 30-50 Megabits per secondo sia in download che in upload: una velocità che i provider tradizionali mediamente non riescono a fornire, anche per il solo download, neanche con le connessioni FTTC (Fiber To The Cabinet) in fibra ottica.

Le reti comunitarie sono inoltre in grado di portare connettività anche nelle isole, nelle zone di campagna e in tutti i luoghi che gli operatori convenzionali trascurano. E’ uno dei motivi per cui la Commissione Europea ha destinato mucchi di soldi a progetti di ricerca e di realizzazione di reti mesh come Confine (4,9 milioni di euro), netCommons (1,9 milioni di euro), Clommunity (1,4 milioni di euro).

Vorrà buttare tutto alle ortiche con le sue stesse mani? Noi continueremo a vigilare affinché ciò non avvenga.

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