CETA: non è solo il Belgio ad aver problemi, ma anche Bulgaria, Romania e Germania

Il Consiglio UE non riesce a mettersi d’accordo sul contestatissimo trattato col Canada che costituisce una riforma istituzionale nascosta

Gli occhi di tutti sono puntati sul Belgio (la vignetta paragona la sua Vallonia ad Armorica, il villaggio di Asterix che – nei fumetti – é l’unico di tutta la Gallia a resistere a Giulio Cesare e alla conquista romana), ma il Belgio non é l’unico Stato che, durante il Consiglio UE di martedì, ha impedito (almeno per il momento) l’adozione del CETA, il trattato di libero scambio fra UE e Canada che costituisce una riforma istituzionale nascosta in quanto subordina la possibilità di prendere decisioni nel pubblico interesse al fatto che queste decisioni non comportino la nascita di barriere commerciali. Hanno dei problemi col CETA anche Bulgaria, Romania e Germania.

La suprema corte tedesca, chiamata la scorsa settimana dai cittadini a stabilire se la clausola ISDS-ICS del CETA sia compatibile con la Costituzione, ha emesso una sentenza in base alla quale essa si riserva di rispondere più avanti alla domanda e nel frattempo consente al Governo di approvare il CETA a condizione che la Germania possa ritirarsi unilateralmente dal trattato nel caso che esso risulti incostituzionale. Immaginare il ritiro unilaterale di uno Stato UE da un trattato firmato dalla UE richiede come minimo – diciamo – una buona dose di fantasia giuridica.

Bulgaria e Romania puntano i piedi di fronte al CETA perché desiderano che il Canada permetta ai rispettivi cittadini di entrare nel Paese senza bisogno di un visto.

Il caso del Belgio, tuttavia, é l’unico sul quale si concentra l’attenzione dei media. Il parlamento della Vallonia (la regione francofona) ha negato al Governo federale i poteri necessari a firmare il CETA. La commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, ha fissato l’ultimatum: il Belgio ha tempo fino a venerdì a mezzogiorno per dire sì al CETA.

La Commissione Europea vuole ottenere l’unanimità degli Stati membri sul CETA in tempo per la firma ufficiale del trattato, prevista per giovedì 27. Il suo piano: fare entrare in vigore il CETA provvisoriamente ma a tempo indeterminato, così da aggirare l’approvazione da parte di tutti i parlamenti nazionali e regionali, teoricamente indispensabile, ma in pratica assai difficile da ottenere.