L’UE verso il riarmo. L’Europarlamento chiede di creare un esercito

Risoluzione approvata a maggioranza senza valore legislativo, ma di grande significato politico: invita a usare a fini militari il 2% dei PIL nazionali

Creare un esercito UE. Cementare l’Unione Europea attraverso un’alleanza militare (ogni Stato membro pertanto obbligato a difendere un altro Stato membro in caso di attacco) ed utilizzare per scopi militari il 2% dei PIL nazionali. Non crediamo che i cittadini europei siano d’accordo con questi principi, sopratutto in quei paesi ove l’austerità imposta dall’Europa taglia fondi a ospedali, pensioni e scuole. In ogni caso nessuno ha consultato i cittadini europei sull’opportunità di trasformare in una caserma l’Unione Europea che il secolo scorso nacque pacifica dopo la tragedia della II guerra mondiale.

Eppure mercoledì 13 aprile il Parlamento Europeo riunito in seduta plenaria a Strasburgo ha di nuovo approvato una risoluzione in questo senso: fra gli italiani, hanno votato a favore quelli del PPE (centrodestra) e di S&D (centrosinistra). Noi abbiamo detto no. Complessivamente ci sono stati 427 sì, 232 no e 43 astensioni. Su Votewatch si può controllare come ha votato ogni singolo europarlamentare.

La relazione, curata da Sandra Kalniete (PPE, Lettonia) pur non avendo valore legislativo ha un forte significato politico. E’ scritta nel solito linguaggio involuto. Ad esempio, non si parla esplicitamente di un esercito UE bensì di una capacità militare centralizzata; inoltre il principio che tutti gli Stati UE debbano intervenire in un conflitto militare – quando uno di essi dovesse essere attaccato – non è espresso esplicitamente ma mascherato in perfetto burocratese con la seguente dicitura:

<<… affrontare la mancanza di chiarezza della clausola di difesa reciproca di cui all’articolo 42, paragrafo 7 TUE, e di definire le linee guida nonché le modalità della sua attuazione, al fine di consentire agli Stati membri di rispondere in modo efficace quando viene invocata>>

La UE diventa così una sorta di sottoinsieme della NATO, senza neanche il rituale richiamo alla libertà di scelta di quegli Stati membri (Austria, Irlanda e Svezia) che non fanno parte dell’alleanza atlantica. La maggioranza del Parlamento Europeo infatti

<<… sottolinea l’importanza fondamentale del rafforzamento della cooperazione UE-NATO, che dovrebbe garantire il coordinamento tra le operazioni, e sostiene l’istituzione di capacità europee che rafforzino la NATO nella difesa territoriale e siano in grado di condurre autonomamente operazioni di intervento oltre i confini dell’UE>>

Notare le “operazioni di intervento oltre i confini dell’UE”. Se si vogliono chiamare le cose con loro nome, il vocabolo adatto é “invasioni”. In questo contesto bellicoso, i diritti umani e/o la necessità di rispettarli sono citati ben 29 volte. L’UE li brandisce come se fossero una clava: l’arma finale da impiegare in difesa dei suoi (?) interessi.

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