Ebook, IVA e geoblocking. Le barriere nell’UE digitale. Video del mio intervento in plenaria
Se nell’UE fisica non esistono più i confini, nell’UE digitale esistono tuttora le barriere. L’ho sottolineato lunedì intervenendo alla plenaria di Strasburgo, durante il dibattito dedicato ad una dichiarazione resa in assemblea dal commissario Andrus Ansip, che si occupa del mercato unico digitale, il quale ha dichiarato che la Commissione Europea intende rivedere nel 2016 l’IVA sugli ebook. Una frase dietro la quale si aprono le barriere dell’UE digitale: barriere inaccettabili ma destinate a durare ancora per anni. Ecco il video del mio intervento; Successivamente nel post spiegherò in quale contesto si inserisce.
Il vaso di pandora legato alle barriere dell’UE digitale é stato scoperchiato da una recente sentenza della Corte Europea di Giustizia. Ha stabilito che gli ebook sono dei servizi e quindi non possono godere delle aliquote IVA agevolate riservate ai libri di carta. Dunque Francia e Lussemburgo, che avevano esteso agli ebook le agevolazioni IVA, per la Corte Europea di Giustizia hanno sbagliato e devono rimediare.
Anche se dal 2006 esiste una direttiva europea in materia di IVA, ci sono molteplici differenze nelle aliquote applicate sullo stesso bene dai 28 Stati membri. Per quanto riguarda le vendite on line, la situazione si é complicata nello scorso gennaio: la Commissione Europea ha stabilito che l’acquirente deve pagare l’IVA secondo l’aliquota in vigore nel luogo in cui egli si trova, e non secondo l’aliquota del Paese in cui ha sede l’azienda che gli vende il bene (o il servizio).
Lo scopo della decisione era mettere i bastoni fra le ruote a giganti come Amazon, che si sono scelti come sede europea Paesi come il Lussemburgo, dove le aliquote IVA e le tasse sono molto più basse. Però c’è uno spiacevole effetto collaterale: le aziende che vendono on line nell’UE devono applicare sul medesimo bene 28 regimi IVA diversi. Possono semplificare gli oneri burocratici, ma sono costrette ad agire entro un quadro molto, molto complicato. Figuratevi cosa vuol dire tutto questo per una piccola impresa, ad esempio per una startup ricca di idee vincenti e di entusiasmo, ma povera di mezzi e di esperienza.
Il cosiddetto geoblocking (la decisione di un’azienda di rendere disponibili alcuni contenuti online solo in alcuni Stati UE e non in altri) può diventare per le imprese una scorciatoia che porta fuori da questo ginepraio (non sto però dicendo che tutti i geoblocking siano causati da una strategia di questo tipo), e alla fine della fiera, in ogni caso, quello che ci rimette é il cittadino-consumatore: magari subisce il geoblocking, sicuramente su di lui si riversano i costi che le aziende pagano per destreggiarsi fra 28 regimi IVA.
Il modo migliore per uscirne è istituire un’unica aliquota UE per le vendite online: un’aliquota IVA più bassa, esattamente come é più bassa l’impronta ecologica dei beni e dei servizi in vendita su internet. Basta pensare all’impatto ambientale di un ebook e di un libro di carta…
Invece no. Il commissario Ansip ha detto che la Commissione intende rivedere nel 2016 l’aliquota IVA sugli ebook: non ha minimamente parlato di un’aliquota unica per tutto il commercio online. E in ogni caso, la proposta che la Commissione avanzerà l’anno prossimo a proposito della nuova IVA sugli ebook sarà solo il primo passo verso un negoziato reso difficile dai diversi interessi dei 28 Stati membri. Bisognerà discutere per anni, probabilmente, prima di trovare l’accordo sull’IVA degli ebook. Campa cavallo, che l’UE digitale cresce.