Contropotere | Con questa classe politica e industriale non abbiamo speranza
Dove ci condurrà la sete di petrolio? Eppure un Piano B esiste…
Colin Campbell, eminente geologo petrolifero, afferma che il pianeta è stato già tutto esaminato e non vi sono più giacimenti rilevanti da individuare. Quando vengono annunciate nuove scoperte andrebbero sempre considerate sia le reali quantità estraibili sia i rischi e le difficoltà tecniche. Prendiamo ad esempio il giacimento di Kashagan, identificato nel 2000, uno dei più grandi degli ultimi decenni: non è ancora entrato in produzione ed è appena sufficiente a soddisfare 4 mesi di consumo petrolifero mondiale. Questa civiltà energivora è diventata tanto complessa e scarsamente ‘resiliente’, che un singolo evento anomalo può creare conseguenze a livello planetario. L’eruzione di un vulcano, la rottura di una piattaforma o di un oleodotto, una truffa finanziaria o un attentato ci espongono a shock sistemici, ambientali, economici e geopolitici che irrompono sempre più frequentemente nella nostra quotidianità. Le alternative esistono ma perché siano percorribili è necessaria la presa di coscienza collettiva di un cambiamento rapido e radicale. Nessun malato si prende cura della sua patologia se non sa di esserne affetto. La marea nera impone una riflessione. Come “razza tecnologica” non siamo in grado di prevenire, né di risolvere, un incidente disastroso su una piattaforma petrolifera, ma abbiamo ancora la presunzione di gestire una centrale nucleare che comporta rischi e complessità enormemente maggiori.
Però sembra che un nuovo senso civico ecologista si stia affermando dal basso, dalla rete. www.indipendenzaenergetica.it ne è un esempio. Per un modello di sviluppo alternativo, basato sul buon senso, bisogna superare i media tradizionali?
In Italia l’annullamento del senso critico ed il monopolio degli ultimi 30 anni della tv commerciale delineano un quadro desolante: la questione ecologica nella sua interezza e complessità è quasi scomparsa dal dibattito pubblico e politico dei media tradizionali, è un argomento trattato raramente e superficialmente – spesso solo come argomento di propaganda di schieramenti contrapposti o di greenwashing elettorale. I newmedia, fortunatamente, offrono mezzi potentissimi virtualmente a disposizione di chiunque voglia approfondire e diffondere conoscenze. La creazione di reti sociali tra individui, gratuità, multimedialità ed ipertesto sono “strumenti didattici” impensabili fino a pochi anni fa. Indipendenzaenergetica.it è solo uno dei tanti nodi di una rete di relazioni tra gruppi e persone che nasce e si intreccia sul web e che è già capillare. Se questo sito ha qualcosa di originale è la diffusione in Italia di testi che nessuno avrebbe mai tradotto e distribuito per assenza di mercato o di mezzi. Edizioni Ambiente che ha permesso la pubblicazione online di “Piano B 3.0” di Lester Brown, di “Moltitudine Inarrestabile” di Pawl Hawken e ora di “Piano B 4.0” ha dimostrato coraggio e lungimiranza, che hanno portato un incremento, inizialmente insperato, delle vendite del cartaceo.
L’autosufficienza energetica è un argomento che ciclicamente viene riproposto come un’emergenza perenne. L’ultima soluzione si chiama nucleare…
Il nucleare è la riproposizione di schemi energetici e mentali del secolo scorso. Viene propagandato come la via per l’autosufficienza energetica, sebbene l’uranio disponibile sia già scarso, in pochi giacimenti in zone instabili o già ‘colonizzate’. Con la fissione nucleare si crea solo una nuova dipendenza energetica e geopolitica. La via per una reale “democratizzazione energetica” è quella della generazione distribuita sul territorio con fonti rinnovabili locali connesse a reti elettriche intelligenti ed autoadattative, senza monopoli e concentrazioni di “potenza”. Se internet ha reso bidirezionale la fruizione e la produzione di contenuti, lo stesso deve avvenire con l’energia, sono sempre elettroni che viaggiano lungo dei fili: è il nostro stesso cervello ed il sistema nervoso che funzionano così. Non dobbiamo quindi inventare nulla, solo copiare i modelli biologici che lavorano in efficienza senza scorie ed emissioni da miliardi di anni.
Berlusconi ha fatto dell’atomo un cavallo di battaglia.
La localizzazione dei siti troverà la già scontata opposizione – vera o simulata – delle regioni di ogni colore. Certamente dei cittadini. Berlusconi lo ha ammesso che sono necessari degli “spot” pubblicitari per convincere gli italiani. E per le risorse? Alcuni personaggi politici sono così fantasiosi che sarebbero capaci di emettere i Buoni del Tesoro Nucleari… garantiti dai crediti verso la Grecia.
In Italia ciclicamente si parla di emergenze black-out. Ma non appena vengono superati i momenti critici le buone intenzioni finiscono nel dimenticatoio. Intanto efficienza energetica e rinnovabili subiscono tagli. La democrazia energetica è sempre più lontana o è un’utopia?
Con questa classe politica ed industriale legata alla lobby del cemento, del ferro e della petrolchimica non abbiamo speranza. è necessaria la nascita di un contropotere politico economico che sia espressione del desiderio di green economy e l’impegno politico e culturale continuo di un numero sempre maggiore di cittadini.
Nel mondo si parla di riconversione ecologica dell’economia. In Italia il dibattito è fermo. Di chi è la responsabilità?
Politica e potere informativo non solo si sovrappongono ma, essendo un paese in perenne campagna preelettorale, non si prendono decisioni coraggiose e valide sul lungo periodo. è un tratto comune alle cosiddette democrazie occidentali contemporanee. è paradossale che invece sia già in atto in Cima la riconversione industriale ed energetica prepotentemente promossa dal governo che, svincolato da un consenso immediato, può pianificare secondo finestre temporali molto più ampie delle nostre.
Che vista si ha sulla politica italiana dall’ecologismo 2.0? Ambiente e innovazione sono finite nel dimenticatoio. Pensa che ci sia bisogno di una forza politica ecologista che spinga su una riconversione ecologica dell’economia e del modello di sviluppo?
è l’unico futuro possibile che possa farci uscire da questa palude. La tutela degli ecosistemi per garantire alla popolazione salute e sicurezza, l’adozione di modelli sociali simbiontici, di sistemi produttivi a ciclo chiuso senza produzione di rifiuti, una ritrovata sovranità alimentare ed energetica sono le cose di cui abbiamo bisogno per curare questa società in agonia e per la quali abbia un senso essere politicamente attivi.
Articolo pubblicato su TerraNews l’8 maggio 2010