Lo studio della Banca d’Italia sul nucleare è una doccia fredda sui sogni atomici del Governo Meloni, a cominciare da quelli che ruotano attorno agli SMR e ai reattori “di quarta generazione”, che nessuno in Occidente ha ancora realizzato.
Vi si legge infatti che – come dico da tempo – “gran parte” di queste tecnologie “non sono ancora disponibili per la commercializzazione”, almeno in Occidente. Lo studio usa parole diplomatiche, ma il messaggio è sferzante.
Intitolato “L’atomo fuggente” e pubblicato pochi giorni fa, lo studio della Banca d’Italia sul nucleare conferma che la costruzione degli impianti avrebbe costi e tempi assai difficili da prevedere e con ogni probabilità, rispettivamente, molto elevati e molto lunghi. Conferma anche che non c’è nel mondo tutta questa abbondanza di uranio e che l’Italia dipenderebbe per combustibile e tecnologia “da Paesi poco affini” e “ad elevato rischio geopolitico”
“L’atomo fuggente” aggiunge anche altre questioni di non poca rilevanza per quanto riguarda la sostenibilità, sia ambientale che economica. La prima riguarda l’elevato consumo di acqua del nucleare. Automaticamente mi porta a un’ovvia riflessione: sarebbe una follia, dati questi tempi di crisi climatica e di lunghi periodi siccitosi. La seconda questione: le bollette verosimilmente non diminuirebbero.
Il ministro Pichetto Fratin in passato ha dichiarato che il ritorno dell’Italia al nucleare porterebbe un risparmio in bolletta di almeno 17 miliardi di euro. Chissà come ha fatto i calcoli. In ogni caso, la smentita arriva ora da una fonte più che autorevole.
Non solo. Lo studio della Banca d’Italia sul nucleare adombra la possibilità che le centrali nucleari debbano essere finanziate attraverso un’apposita voce inserita nelle bollette stesse o comunque attraverso i soldi dei contribuenti. Non c’è esplicitamente scritto, ma anche questo è ovvio: se fosse così, anziché pagare meno ci aspetterebbe un salasso.
A questo proposito, le ultime righe dello studio recitano: “difficilmente la creazione di nuovi impianti nucleari potrà esimersi da una compartecipazione del pubblico, o come investitore diretto, con finanziamenti o sussidi, oppure indirettamente, mediante società partecipate”.
Fanno da sfondo ai sogni atomici del Governo italiano quelli, del tutto analoghi, della Commissione europea. La lettera d’incarico del commissario all’Energia, Dan Jorgensen, gli affida il compito di agevolare lo sviluppo e l’entrata in funzione dei reattori nucleari SMR. La Commissione europea ha appena stimato in 241 miliardi la cifra necessaria per il decollo dell’energia nucleare nell’UE entro il 2050.
A tutti costoro, tenere una copia de “L’atomo fuggente” sul comodino non potrebbe che giovare. Li aiuterebbe a tornare con i piedi per terra.