Alberi secchi a Roma, i morti in piedi dei restyling voluti da Gualtieri

Appena piantati e già defunti a legioni. Gli alberi secchi a Roma costellano le aree che il sindaco-commissario Gualtieri ha sottoposto a costoso restyling per il Giubileo: e non solo quelle.

Gli alberi morti in piedi esemplificano nel migliore dei modi, poveretti, la fallacia delle compensazioni ambientali con le quali lo stesso Gualtieri vuole giustificare l’abbattimento del bosco di Pietralata per far posto ad uno stadio. Taglierò degli alberi – dice in sostanza Gualtieri – ma ne pianterò altri.

Il punto non è solo che bisognerà aspettare decenni prima che i nuovi alberi svolgano un ruolo analogo a quelli vecchi per stoccaggio di carbonio, frescura e abbattimento degli inquinanti. Il punto è soprattutto che, per offrire prima o poi compensazioni ambientali, gli alberi devono innanzitutto attecchire. E invece…

Oltre ad un ceppo da tempo cadavere in piazza San Giovanni in Laterano, il collage sopra il titolo e le prime immagini della galleria in fondo al testo mostrano alberi secchi in piazza della Repubblica e in piazza dei Cinquecento. L’inaugurazione dei lavori giubilari sia nel primo sia nel secondo caso è avvenuta circa sei mesi fa. C’è bisogno di dirlo? Gli alberi non hanno attecchito.

Non sono i soli. Fra i morti in piedi che costellano i cantieri della Roma giubilare si annoverano i lecci di piazza Pia e piazza Risorgimento. Ci sono alberi defunti fra lungotevere Vaticano e via San Pio X, comprese alcune mimose. Requiem anche per i platani in viale Angelico.

Come ha scritto Il Tempo qualche giorno fa, si tratta di esemplari messi a dimora quando già avevano discrete dimensioni (e prezzi conseguenti) così da poter offrire subito un po’ di ombra ai passanti. Sempre secondo Il Tempo, dal Campidoglio dicono che i contratti con le ditte appaltatrici hanno la “clausola di attecchimento”. Significa che se gli alberi non attecchiscono, le ditte devono sostituirli a loro spese.

Ma – bisogna aggiungere – gli alberi attecchiscono a condizione di essere regolarmente innaffiati per molti, molti mesi: soprattutto in un clima come quello di Roma. Se l’impianto di irrigazione automatica non c’è, o se funziona male, qualcuno deve andare lì con i secchi d’acqua. Per un’azienda, un risparmio certo su manodopera e manutenzione può esser più vantaggioso della spesa eventuale per sostituire un albero morto.

Quel che è certo è che un albero non secca in una notte ed è – diciamo – singolare che nel desolato panorama giallo e marrone la “clausola di attecchimento” non sia già stata invocata. Singolare che, a quanto risulta, nessuno dal Campidoglio abbia detto: “Finora gli alberi da rimpiazzare sono tot, abbiamo già chiesto alle aziende di provvedere non appena arriverà la stagione adatta”.

La vicenda del prato di San Giovanni in Laterano, al quale sono dedicate le ultime tre immagini della galleria in fondo al testo, illustra esaurientemente la trascuratezza e i tempi di reazione non esattamente fulminei dell’amministrazione capitolina di fronte alle necessità del verde pubblico.

L’inaugurazione del prato di San Giovanni e del restauro giubilare della piazza è avvenuta a fine marzo. Il prato era verde e rigoglioso. Ora sembra uno scampolo di deserto del Sahara.

Il Tempo, giovedì 19 giugno, ha scritto che secondo l’assessore ai Lavori pubblici la colpa è del concertone del Primo Maggio. Per l’occasione, sull’erba sono state posate delle lastre che in teoria dovevano proteggerla. In pratica, invece, l’hanno “lessata”. “Iniziamo a dare subito acqua […] il prato si dovrebbe riprendere”, ha dichiarato al Tempo l’assessore.

“Iniziamo subito” ad innaffiare. Ovvero, iniziamo quasi due mesi dopo il disastro. Magari, innaffiando in celerità, il prato poteva riprendersi meglio e più rapidamente. Invece l’acqua viene promessa solo quando un giornale ha sollevato il problema.

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