Nucleare francese? Non sicuro. Ma stress test UE non se ne sono accorti

I test effettuati nel 2011 successivi al disastro di Fukushima non hanno rilevato i problemi in seguito ai quali ora sono stati fermati 18 reattori

Ma allora a che cosa sono serviti? Gli stress test sulla sicurezza delle centrali nucleari avviati dall’UE nel 2011, dopo il disastro di Fukushima, non hanno rilevato la preoccupante situzione in cui – si é successivamente scoperto – si trova il nucleare in Francia: 18 reattori sono stati fermati per potenziali difetti di fabbricazione; le “anomalie” secondo i calcoli di Greenpeace riguardano 30 dei 58 reattori francesi.

Tutto ciò é passato assolutamente inosservato durante gli stress test. E’ emerso poco per volta in seguito alle “anomalie” riscontrate nel 2015 nell’acciaio del reattore in costruzione a Flamanville. Non si deve agli stress test nemmeno la scoperta di crepe nei due reattori belgi di Doel e Thiange che dal 2012 ha portato ad una loro prolungata chiusura e successiva discutibile rimessa in funzione fra proteste, preoccupazioni e polemiche.

La corposissima documentazione degli stress test 2011 è sintetizzata in una comunicazione e in un documento di lavoro (disponibile solo in inglese) della Commissione Europea: la revisione della sicurezza dei reattori europei condotta sull’onda di Fukushima ha preso in esame la situazione degli impianti rispetto a fenomeni estremi (come il terremoto e lo tsunami che furono all’origine del disastro in Giappone) e l’affidabilità delle attrezzature disponibili per far fronte alle emergenze. A Fukushima infatti il terremoto interruppe l’arrivo dell’elettricità indispensabile per far funzionare l’impianto di raffreddamento del reattore e lo tsunami inondò i generatori elettrici diesel di emergenza, mettendoli fuori uso.

Gli stress test 2011 conclusero che le centrali nucleari europee hanno norme di sicurezza “rigorose” e le raccomandazioni per migliorarle riguardarono l’opportunità di installare sismografi (!?), allestire una seconda sala di controllo (casomai la prima andasse fuori uso), conservare le attrezzature d’emergenza in un locale protetto…

Si trascurarono però aspetti ovvi della sicurezza nucleare: ad esempio, l’età degli impianti, che nell’UE è mediamente molto alta (più una centrale è vecchia, più tende ad essere lontani dagli attuali standard di sicurezza), oppure l’esistenza e l’affidabilità dei piani per evacuare le popolazioni che abitano vicino alle centrali. Nessuno aveva intravisto o previsto i possibili difetti di fabbricazione emersi in Francia e forse anche in Belgio (l’alternativa per spiegare le crepe nei reattori belgi è l’usura, un’eventualità ancor meno rassicurante): la realtà, come spesso capita, ha superato l’immaginazione, e chissà quale potrà essere la prossima sorpresa atomica europea.

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