Il mio contributo (gratuito) al saggio di Edizioni Ambiente “Il Mondo dopo Parigi”
“La più grande notizia in merito agli accordi di Parigi è passata per lo più inosservata: per rispettare gli obiettivi concordati bisognerà lasciare sottoterra gran parte delle riserve note ed estraibili di combustibili fossili. Il calcolo esatto é in un saggio pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Nature [1]. Le conseguenze economiche sono state sviscerate da Carbon Tracker [2]: se si vuole davvero mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi Celsius, diverranno di fatto irrecuperabili tutta quella parte di investimenti in combustibili fossili che non potranno essere più estratti dal sottosuolo. Sono cifre gigantesche stimate in oltre 2.000 miliardi di dollari e comprendono sia i progetti già esistenti, che quelli messi a bilancio per il futuro. Si calcola a titolo di esempio, che solo in Europa, banche e fondi pensione detengono asset nei combustibili fossili per mille miliardi di euro [3]. Il mancato rispetto degli accordi di Parigi oltre alle note e ben studiate conseguenze ambientali dirette, economiche, alimentari e sociali (immigrazione) di un clima fuori controllo, ci esporrebbe quindi anche agli effetti dell’esplosione di una gigantesca e inusitata bolla finanziaria [4] che cresce in magnitudo potenziale ogni giorno che passa.
Sebbene siano state già disposte indagini in merito da parte della Banca d’Inghilterra [5], del G20 [6] e dalla BCE [7], non risultano ad oggi azioni intraprese dalla Commissione Europea, il braccio esecutivo dell’UE cui compete il potere di iniziativa legislativa. A tal proposito un gruppo di Eurodeputati di vari gruppi politici, ha inoltrato alla stessa Commissione un’interrogazione parlamentare [8] che tuttora giace senza risposta (nb nel momento in cui scrivo 31 gennaio 2016).
A incrementare lo scetticismo sulla reale volontà o capacità da parte dei governi di affrontare la sfida del cambiamento climatico vanno presi in analisi altri fattori irrisolti legati all’economia di mercato globalizzata e liberista che tuttora domina il panorama mondiale.
Sono trapelate grazie a un leak sul web [9] le istruzioni segrete impartite ai negoziatori che hanno rappresentato l’UE al tavolo di Parigi, volte a impedire che vengano anche solo discusse, nel presente o nelle agende future, misure per contenere le emissioni tali da costituire un ostacolo al commercio internazionale.
Dato che un quarto delle emissioni globali di anidride carbonica [10] derivano dai trasporti e considerato che gli accordi di libero scambio nel commercio internazionale incrementano lo spostamento delle merci da una parte all’altra della Terra, la logica conseguenza è che i Free Trade Agreement hanno come effetto un aumento delle emissioni. Ci si chiede in particolare come sia compatibile con gli obiettivi europei su clima ed energia l’accordo di libero scambio transatlantico (TTIP [11]) in corso di negoziazione con gli Stati Uniti e che la stessa Commissione Europea sponsorizza.
Mai più azzeccato come in questo caso è il detto che recita che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.
Anche gli apparenti buoni risultati conseguiti dalla UE di fronte ai target emissivi al 2020 sono per lo più legati al fenomeno della “delocalizzazione delle emissioni” in territori extra UE dove grazie all’incremento del commercio internazionale, si è spostata la produzione di beni di consumo che arrivano sul mercato dell’Unione. Tale fenomeno è destinato ad aggravarsi se, come al momento è previsto, la Cina dovesse conseguire nel 2016 lo status di “economia di mercato”.
Le istruzioni segrete ai negoziatori di Parigi non rappresentano certo l’unico esempio della spaventosa schizofrenia con cui l’UE si interfaccia con la crisi climatica.
Tutti i nuovi obiettivi UE per il 2030 sono al momento formulati in modo da essere svuotati di contenuto reale: la riduzione delle emissioni é, sì, vincolante a livello nazionale, ma non tiene conto del fenomeno della delocalizzazione delle emissioni sopra descritto. L’obiettivo del 27% per l’efficienza energetica non é vincolante e dunque gli Stati membri non hanno l’obbligo di raggiungerlo. Nel caso dell’obiettivo del 27% di energie rinnovabili si ha il vincolo a livello UE, ma non per i singoli Stati Membri, pertanto nel caso che il bersaglio non venga centrato, l’unico effetto plausibilmente certo é lo scaricabarile delle responsabilità fra governi.
Accanto a questi obiettivi deboli e mal formulati, dall’analisi sia della comunicazione sulla sicurezza energetica europea [12] che in quella sulla strategia quadro per l’Unione dell’energia [13], emerge che per la Commissione Europea la sicurezza e la resilienza energetica UE, sono conseguibili in primo luogo con la diversificazione dei fornitori di combustibili fossili e la moltiplicazione delle rotte e delle relative infrastrutture (gasdotti e rigassificatori) utili all’importazione (anche in caso del climaticamente devastante shale gas statunitense). Eppure la capacità dei gasdotti europei che importano gas [14] è sfruttata ancora solo a metà [15] e i rigassificatori già costruiti sono utilizzati per solo un quarto della loro potenzialità [16]. Previsto anche per gli Stati Membri che lo desiderasser, il ricorso a nuove trivellazioni per sfruttare le riserve “indigene” di combustibili nonostante queste siano ormai davvero di modesta entità e scarsa economicità. Per il contenimento delle emissioni di carbonio si fa affidamento alla discutibilissima tecnica CCS (Carbon Capture and Storage, una tecnologia che potrebbe in realtà decollare solo a patto [17] di ricevere ingenti finanziamenti pubblici) e usando la CO2 pompata sottoterra attraverso il CCS per effettuare l’enhanced oil recovery, ovvero per strizzare fino all’ultima goccia i giacimenti petroliferi in via di esaurimento.
Dato questo quadro generale, peraltro non esaustivo, ne deriva una conclusione: il modello produttivo basato sul mercato globalizzato e sul liberismo economico-finanziario, ha funzionato forse bene nel secolo scorso nel fornire all’umanità un livello medio di prosperità senza eguali nella storia, ma oggi dimostra non solo di non essere in grado di affrontate le sfide nuove che abbiamo di fronte, ma di essere fonte di vere e proprie paradossali schizofrenie economiche e legislative.
Per poter essere coscientemente ottimisti è necessario che l’economia torni al suo significato etimologico originario di “gestione della casa” [18] in una visione sistemica e di lungo periodo che consideri di default, in ogni decisione e pianificazione, i limiti fisici e termodinamici delle risorse naturali e gli effetti complessivi dell’attività umana sugli ecosistemi.
Nessun accordo od obiettivo di contenimento delle emissioni, per quanto ambizioso, avrà mai successo finché rimarremo prigionieri all’interno del paradigma del “businnes as usual” pur se da qualcuno presentato riverniciato di verde e infiocchettato di tante buone intenzioni.”
Dario Tamburrano
Membro della Commissione Energia, Ricerca Industria e dello STOA Panel al Parlamento Europeo
1 http://www.nature.com/nature/journal/v517/n7533/full/nature14016.html
2 http://www.carbontracker.org/report/stranded-assets-danger-zone/
3 https://europeangreens.eu/sites/europeangreens.eu/files/it_screen.pdf
4 Carbon Bubble https://en.wikipedia.org/wiki/Carbon_bubble
5 http://www.theguardian.com/environment/2014/dec/01/bank-of-england-investigating-risk-of-carbon-bubble
6 http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11563768/G20-to-probe-carbon-bubble-risk-to-global-financial-system.html
7 http://www.government.se/opinion-pieces/2015/12/the-sustainability-revolution-in-finance/
8 http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2f%2fEP%2f%2fTEXT%2bOQ%2bO-2015-000142%2b0%2bDOC%2bXML%2bV0%2f%2fIT&language=IT
9 http://corporateeurope.org/sites/default/files/attachments/trade_and_climate_-_trade_policy_committee.pdf
10 http://www.iea.org/publications/freepublications/publication/CO2EmissionsTrends.pdf pag. 6
11 https://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_transatlantico_sul_commercio_e_gli_investimenti
12 http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52014DC0330&from=it, in particolare da pag. 14
13 http://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:1bd46c90-bdd4-11e4-bbe1-01aa75ed71a1.0018.01/DOC_1&format=PDF, in particolare da pag. 5
14 http://www.entsog.eu/maps/transmission-capacity-map
15 http://www.naturalgaseurope.com/most-read-article-for-december-2015-27402
16http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2015/571314/EPRS_BRI%282015%29571314_EN.pdf a pag. 6
17 http://www.ft.com/intl/cms/s/0/91726a24-a4be-11e5-a91e-162b86790c58.html#axzz3yMXIZzAY
18 “Economia” deriva dalla parola greca oikonomia, formata da oikos ‘casa’ + nemein ‘gestione’ e pertanto aveva in origine il significato di “gestione della casa”. Il significato attuale ha preso piede solo a partire dal XVII secolo.