Interpellati attraverso un referendum, ieri i cittadini olandesi hanno detto no all’accordo di associazione stretto dall’UE con l’impresentabile Ucraina. Ma per l’UE il No degli elettori olandesi é come non detto: “Non cambierà nulla”, hanno dichiarato sia il presidente del Consiglio UE Tusk, sia un portavoce della Commissione Europea. In Italia notizia non pervenuta…
Del resto, per le istituzioni europee la volontà popolare é come acqua sulle piume di un’oca: scivola via e non lascia tracce dietro di sé. Il presidente della Commissione Europea Juncker, alla vigilia delle elezioni del gennaio 2015, aveva avvertito i greci: l’austerity proseguirà a prescindere dai risultati elettorali, qualsiasi nuovo Governo dovrà rispettare gli impegni presi. E così fu, con la tragica capitolazione di Tsipras avvenuta quasi un anno fa a Bruxelles. La commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, sa benissimo che gli europei sono contrari al TTIP, ma vuole ugualmente che l’accordo venga firmato perché “io non ricevo il mio mandato dal popolo europeo”. Effettivamente non l’ha ricevuto dal popolo. Il meccanismo per la scelta della Commissione Europea rispecchia una forma molto, molto indiretta di democrazia.
Il problema é che, a furia di considerare la volontà popolare una variabile indipendente, l’UE perde (metaforicamente) qualche pezzo con il successo di soggetti politici più o meno critici con questa UE ogni volta che si svolgono consultazioni democratiche in uno Stato membro. Fra i casi recenti Spagna e Polonia, Ungheria, Francia…, senza contare il significato della vittoria di Tsipras nel gennaio 2015 e i referendum per l’uscita dall’UE indetti o proposti in Gran Bretagna, Danimarca, Austria.
L’insieme di questi fenomeni non può essere considerato né marginale né fortuito. Le istituzioni europee ogni volta si girano dall’altra parte alzando le spallucce, ma se non recupereranno l’evidente deficit di democrazia, il loro futuro è segnato, è solo questione di tempo.