I reattori in funzione nell’Unione Europea producono il 27% dell’energia elettrica ma sono vecchi e decrepiti, anche nel senso più letterale del termine: per rimpiazzarli bisognerebbe spendere più di 150-200 miliardi di euro già entro il 2030, e circa 340-440 miliardi di euro complessivi entro il 2050. I dati sono in un documento di lavoro della Commissione Europea fresco fresco di pubblicazione. Il documento accompagna la comunicazione della Commissione Europea che fa il punto sull’impiego dell’energia nucleare nell’UE.
Alla luce di quanto sta accadendo nei tre soli cantieri ora aperti per costruire altrettanti reattori nucleari nell’UE il conto dei decenni prossimi venturi all’insegna dell’atomo potrebbe tuttavia essere ben più salato. I cantieri sono in Francia (Flamanville), Finlandia (Olkiluoto) e Slovacchia (Mochovce) nel quale è coinvolta l’italiana Enel. Hanno in comune ritardi infiniti sulla tabella di marcia e costi fuori controllo: nel giro di pochi anni le previsioni di spesa sono state raddoppiate e anche quasi quadruplicate. Figuriamoci cosa vuol dire proiettare questo trend su futuri (presunti) cantieri che dovrebbero essere operativi fino al 2050.
Per averne un’idea, si può prendere spunto da Hinkley Point C, la centrale nucleare (due reattori) che la Gran Bretagna intende costruire nei prossimi anni. L’opera non è ancora iniziata. Si prevede che costi 18 miliardi di sterline (23 miliardi di euro). Lo Stato britannico ha promesso di acquistare per 35 anni l’elettricità prodotta da Hinkley Point C ad un prezzo doppio di quello di mercato (alla faccia degli aiuti di Stato vietati nell’UE) e ha concesso ampie garanzie sui prestiti, ma i potenziali costruttori sono tutti evaporati tranne la francese EDF (Électricité de France), il cui direttore finanziario si è dimesso perchè ritiene che Hinkley Point C sia in grado di terremotare i futuri bilanci societari.
In Slovacchia, due reattori della centrale nucleare di Mochovce risultano in costruzione dal 1986. Millenovecentottantasei…
Se mai i due nuovi reattori saranno ultimati, nasceranno già vecchi. Per la precisione, i lavori si sono interrotti nel 1991 e sono ripresi nel 2009. Nel 2012 si diceva che almeno un reattore sarebbe stato inaugurato “al massimo entro il 2013”. In questo 2016, l’inaugurazione di almeno un reattore è prevista per il 2017. Secondo i calcoli del 2009, sarebbero stati sufficienti 2,78 miliardi di euro per completare Mochovce; ora il budget è salito a 4,63 miliardi. La centrale nucleare è di Slovenské elektrárne, che è per il 66% controllata dall’italiana Enel. Enel tuttavia nel dicembre scorso ha raggiunto un accordo per la vendita, in un prossimo futuro, di tutte le quote.
Il cantiere finlandese di Olkiluoto è stato aperto nel 2005, per aggiungere un nuovo reattore nucleare ai due già in funzione. Doveva essere completato nel 2009; si prevede che entrerà in funzione nel 2018, con nove (per ora) anni di ritardo. E’ di tipo EPR. Secondo i calcoli iniziali doveva costare 3,2 miliardi di euro; secondo gli attuali calcoli il conto arriverà a 8,5. Il nocciolo del problema: costruire un reattore con alti standard di sicurezza è un’impresa praticamente disperata. Al momento della posa della prima pietra, il cantiere era affidato a Siemens ed Areva; Siemens si è ritirata nel 2009; il cerino è rimasto in mano ad Areva, i cui bilanci ora sono in rosso sotto il peso di Olkiluoto: essa dunque sta cercando di vendere le sue quote ad EDF. Ritardi e maggiori costi hanno innescato una lite plurimiliardaria fra Areva, Siemens e Teollisuuden Voima Oyj, il gestore di Olkiluoto, ove anni fa era prevista la costruzione di un ulteriore reattore: ora prudentemente accantonato.
Molto simile la vicenda di Flamanville, il reattore EPR francese che EDF sta costruendo dal 2007: doveva entrare in funzione nel 2012 e costare 3,3 miliardi; EDF dice che dovrebbe essere operativo nel 2018. Nel frattempo i costi sono saliti a quasi 12 miliardi. Ma sul reattore di Flamanville è sospesa una spada di Damocle: nel 2014 si è scoperto che la lavorazione delle 450 tonnellate di acciaio usate per incapsulare il reattore non è riuscita a regola d’arte. Un’area grande come un piatto risulta sensibilmente più debole del dovuto. EDF ha voluto ugualmente andare avanti col cantiere, ma l’autorità francese per la sicurezza nucleare deve ancora certificare che quell’area debole non crei problemi per la sicurezza. Sono in corso test e controlli, al termine dei quali potrebbe essere necessario rimpiazzare parte dell’involucro del reattore: altri soldi (tanti), altri anni di lavoro e di ritardo. Non è mica difficile capire perchè il direttore finanziario di EDF si sia dimesso di fronte alla prospettiva di costruire Hinkley Point C in Gran Bretagna.