Somiglia ad una pentola stregata il meccanismo delle audizioni attraverso il quale il Parlamento Europeo si sta esprimendo sui commissari europei destinati a rimanere in carica per cinque anni a partire dal prossimo novembre. Sotto il coperchio delle trattative riservate, le coltellate pubblicamente scambiate fra i tre partiti più importanti si sono trasformate in un abbraccio fraterno e in un giro di poltrone. Sul terreno è rimasto un solo cadavere politico, quello di Alenka Bratušek: doveva fermarsi a Bruxelles in veste di commissario all’unione energetica, é tornata nella sua Slovenia. Era oggettivamente impresentabile: ma non più di Arias Cañete (energia e clima), di Katainen (crescita, lavoro, investimenti e competitività) e di tanti altri che invece hanno superato le audizioni. A loro, tutto il Movimento 5 Stelle ha invano detto “no” con il voto.
Per alcuni giorni qui a Bruxelles, durante l’iter verso la conferma della Commissione Europea scelta da Juncker (foto), si é sciolta la Große Koalition, cioè il patto di non aggressione reciproca fra tre grandi partiti del Parlamento Europeo: Popolari (conservatori), Progressisti (socialdemocratici) e i liberali dell’ALDE. Essi esprimono i principali orientamenti dei Governi nazionali che mandano i loro rappresentanti nella Commissione Europea. Di solito non si mordono mai a vicenda. Stavolta i Popolari hanno sbranato (a parole) il socialdemocratico francese Moscovici, i Progressisti hanno massacrato (sempre a parole) lo spagnolo Cañete, un pezzo da 90 dei Popolari, eccetera. Si é innescato un meccanismo di veti a catena che sembrava inarrestabile. Un terzo dei commissari europei designati non riusciva a superare le audizioni. Per qualche tempo si sono trasformate in una forza d’urto le critiche verso molti commissari entranti avanzate dal Movimento 5 Stelle e da altre forze dell’europarlamento che non hanno nulla a che spartire con la Große Koalition.
Tuttavia la tempesta di indignazione e di insoddisfazione nei confronti della commissione Juncker si è magicamente trasformata – al momento buono – nella ricomposizione della Große Koalition (anzi, sarebbe il caso si chiamarla con il suo vero nome: il grande inciucio europeo). Mercoledì il presidente della commissione Juncker (conservatori) e il presidente del Parlamento Europeo Schulz (socialdemocratici) si sono incontrati, hanno trovato un accordo e hanno fischiato la fine dell’intervallo: i partiti più importanti del Parlamento Europeo hanno immediatamente smesso di giocare alla guerra. Lo si è visto quando i socialdemocratici, dopo aver fermato per diversi giorni Arias Cañete, si sono convertiti e hanno lasciato passare la sua nomina. Subito dopo i Popolari hanno ricambiato accendendo il semaforo verde a Moscovici. A cascata sono state sbloccate anche le nomine degli altri commissari designati rimasti bloccati durante le audizioni: Hill, Katainen, Navracsics…
E’ stato escluso dalla commissione un solo nome: quello della slovena Alenka Bratušek, commissario designato all’Unione Energetica. Era l’anello più debole. Non aveva neanche l’appoggio del suo stesso Governo, si è in pratica autocandidata a commissario europeo mentre era primo ministro uscente ed aveva già perso le elezioni ed è sotto inchiesta in Slovenia da parte della commissione per la prevenzione della corruzione.
Molti hano detto e scritto che l’audizione di Alenka Bratušek é stata penosa. E’ anche vero: sapeva solo ripetere a pappagallo gli stessi concetti generali, evitando di rispondere alle domande che noi parlamentari le ponevamo. Però forse é caduta perché le manca solo l’abilità retorica. A ben vedere infatti durante le audizioni gli altri commissari hanno evitato qualsiasi promessa, qualsiasi impegno vincolante. Hanno espresso in modo brillante priorità e punti di vista, certo: ma in sostanza sono stati vaghi come la Bratušek. Però lo hanno fatto con più stile.
Adesso l’ultima incognita è il nome dello sloveno che Juncker chiamerà a far parte della commissione. Si dice che dovrebbe essere un socialdemocratico (Bratušek é nella galassia dei liberali dell’ALDE, che così si ritroverebbero con un rappresentante in meno in seno alla Commissione) e che ci sarà un rimescolamento complessivo delle deleghe con due obiettivi. Primo, un socialdemocratico diventerà vicepresidente per l’energia (il ruolo che era di Bratušek) e dunque sarà gerarchicamente superiore al commissario per clima ed energia Arias Cañete. Secondo, l’ungherese Navracsics (espressione di un partito nazionalista e dunque marginale rispetto alla Große Koalition) perderà le deleghe alla cittadinanza, come richiesto dalle commisioni parlamentari dopo la sua audizione.
Il Movimento 5 Stelle ha fatto tutto il possibile per fermare nelle commissioni parlamentari gli impresentabili di questa nuova Commissione Europea. Al nostro fianco sono rimaste fino in fondo solo le forze politiche – come noi – minori e d’opposizione. Il grande inciucio europeo arriverà a compimento con l’audizione del nuovo commissario sloveno e con il voto che il Parlamento Europeo esprimerà a Strasburgo sull’intera nuova commissione europea. A questo punto, difficilmente ci saranno sorprese.