Europa | Vulnerabili non solo al gas

Prefazione alla traduzione in italiano di
L’Europa di fronte al picco del petrolio

 

 


 

La Comunità Europea è stata in principio per molti anni una straordinaria occasione per altrettanto straordinari progressi in qualità della vita, stabilità e pacificazione. Oggi invece questa Unione avendo come unico parametro di successo, la crescita infinita del Prodotto Interno Lordo, ci sta portando verso una situazione di incompatibilità con i mutati scenari economici e geopolitici, energetici e climatici, agricoli e idrogeologici del presente e del futuro.

Il paradigma economico della crescita e della globalizzazione delle merci, si è retto finora su un’ampia disponibilità planetaria di risorse naturali a basso costo che sono oggi in rapido esaurimento, sempre più’ costose e concentrate nella mani di pochi poteri forti senza controllo e in territori lontani e instabili.

Da queste risorse dipendono l’economia reale, la sicurezza e la prosperità di lungo periodo delle popolazioni, lo stato di guerra o di pace. In sintesi la vita confortevole di ognuno di noi.

La finanziarizzazione della realtà ci ha invece trascinato dentro un mondo metafisico che impedisce di focalizzare la nostra azione sui problemi reali della nostra epoca. Questa situazione ci pone, non solo in una condizione di estrema vulnerabilità, ma è oggi alla radice della crisi globale che stiamo attraversando.

Tutte le politiche future della Comunità Europea, agricole, trasportistiche, energetiche – compresa la creazione di moneta da parte della banca centrale – dovrebbero invece essere dirette a incentivare e favorire una epocale riconversione continentale.

Questo straordinario cambio di rotta dovrebbe muoversi intorno a 4 pilastri:

  • Riavvicinando i luoghi del lavoro e della produzione a quelli del consumo e dell’abitare, riducendo la necessità di spostamento di merci e persone, dando maggiore attenzione al mercato locale rispetto a quello globale;
  • Ripristinando l’assetto idrogeologico e la fertilità dei suoli, imbrigliando le acque, trattenendo i terreni, e adottando politiche di adattamento e mitigazione climatica;
  • Traghettando il modello dell’agroindustria verso politiche agricole indipendenti da flussi di energia fossile e materiali non locali;
  • Costruendo una società delle rinnovabili e del recupero della materia in grado di automantenersi con una bassa intensità energetica e ridotte attività estrattive.

Questa è la via per trasformare la Comunità Europea, in una Comunità Resiliente e Pacifica, che si ponga al di fuori del conflitti per le risorse e delle responsabilità del cambiamento climatico. Che non ci porti verso l’autarchia, ma verso un nuovo Umanesimo Europeo. Un modello esemplare per tutto il nuovo villaggio globale del XXIesimo secolo, come è stata per millenni la Cultura Euromediterranea.

Un rapido e radicale cambiamento di questa Europa è vitale.

Ce lo chiede la Scienza e sopratutto il Buon Senso.

 Roma, 28 febbraio 2014
 
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