“In qualche remoto angolo dell’universo diffuso e folgorante in innumerevoli sistemi solari c’era una volta un astro, su cui degli intelligenti animali scoprirono la conoscenza. Fu il momento più orgoglioso e mendace della storia del mondo: un minuto soltanto. Dopo pochi respiri della natura si irrigidì l’astro e dovettero gli intelligenti animali morire” ? Friedrich Nietzsche
Era il novembre del 1986 ed erano mesi che, dopo il disastro di Chernobyl, per il timore di ingurgitare anche il cesio e lo iodio radioattivo, non mangiavo quasi nulla se non junk food in scatola. Per mesi, nè latte, nè verdura. Per me che amo l’insalata e la mozzarella, una vera sofferenza.
Avevo da poco 18 anni, essendo un avido lettore di tutto, ero cresciuto sapendo che l’umanità aveva già scampato un olocausto nucleare e che non ne eravamo al sicuro. Ma mai avevo preso in considerazione che i guai potevano arrivare anche da assai lontano e non da una guerra. Dopo il disastro di Seveso, anche quello di Chernoby aveva già contribuito a disegnare la mia visione di un mondo impazzito, e da adolescente inquieto organizzai la diserzione della giornata di scuola per partecipare in massa ad una manifestazione contro il nucleare pochi giorni prima del voto del referendum. In un liceo severo come l’Amedeo Avogadro di Roma, organizzare degli scioperi esponeva a ritorsioni da parte del corpo docente.
Ma anche un temutissimo professore di filosofia leggendo questo testo scritto da un anonimo studente (nonostante la licenza poetica del termine phatos), fece un inaspettato cenno di apprezzamento con la testa. Cominciai a pensare che se anche il Professor Paglia acconsentiva, eravamo veramente nel giusto.
Quel giorno a scuola non entrò nessuno.
Neanche i secchioni.