APPENA INSEDIATOSI ALLA CASA BIANCA, DONALD TRUMP HA RITIRATO GLI USA DAL TRATTATO COMMERCIALE TTP, IL "FRATELLO" DEL TTIP1). TUTTAVIA NON HA MAI DICHIARATO LE SUE INTENZIONI SUL TTIP. I NEGOZIATI SONO FERMI DAL GENNAIO 2017, QUANDO E' STATO DIFFUSO UN COMUNICATO STAMPA CONGIUNTO CHE SOTTOLINEA LE CONVERGENZE FINORA RAGGIUNTE2) L'UE RITIENE CHE LE TRATTATIVE POSSANO RIPRENDERE DOPO LA STABILIZZAZIONE DELLE RELAZIONI CON IL NUOVO PRESIDENTE3)

La NATO del commercio. Cos'è il TTIP

L'acronimo TTIP sta per "Transatlantic Trade and Investment Partnership", accordo transatlantico sul commercio e sugli investimenti. Viene definito il più grande trattato commerciale della storia, dal momento che i due partner - USA ed UE - rappresentano circa la metà del PIL mondiale ed un terzo del commercio mondiale. Mira ad eliminare gli ostacoli di tipo doganale e non doganale al commercio fra USA ed UE.

Gli "ostacoli non doganali" sono costituiti da norme e standard relativi alle caratteristiche dei prodotti ed istituiti soprattutto con lo scopo di proteggere l'ambiente e la salute. Sono spesso più rigidi nell'UE. Attualmente impediscono che molti beni prodotti negli USA vengano venduti nell'UE, e viceversa.

Il TTIP può anche essere letto come un tentativo di istituire l'equivalente commerciale della NATO, l'alleanza militare imperniata sugli Stati Uniti.

Il TTIP mira ad abolire quanto più possibile le barriere tariffarie e le barriere non tariffarie fra USA ed UE, così creare un grande mercato in cui le merci, i servizi, gli investimenti possano circolare senza ostacoli.

a) Le barriere tariffarie

Le barriere tariffarie sono i dazi che si pagano alle frontiere. Quelle fra USA ed UE sono già molto ridotte e di solito inferiori al 3%4).

Il grafico che illustra l'entità delle barriere tariffarie fra USA ed UE si riferisce al 2007 ed è tratto da “Reducing trans-atlantic barriers to trade and investiment”, lo studio che l'UE è solita usare come prova dell'opportunità e necessità di stipulare il TTIP.

Le uniche eccezioni all'esiguità delle barriere tariffarie sono rappresentate dagli alimenti trasformati (dazio di ingresso nell'UE pari al 14,6%) e dai veicoli a motore (dazio di ingresso nell'UE pari all'8%)

b) Le barriere non tariffarie

Le barriere non tariffarie invece sono numerose e molto significative, e la loro abolizione o riduzione é il vero obiettivo del TTIP. Le barriere non tariffarie fondamentalmente sono5)

  • gli standard dei prodotti e i regolamenti che presiedono alle loro caratteristiche: spesso ora sono diversissimi fra USA ed UE e tali da impedire l'ingresso nell'UE di merci USA (o viceversa)
  • le barriere sugli investimenti che attualmente impediscono agli operatori statunitensi l'ingresso nel mercato UE dei servizi (e viceversa)
  • qualsiasi legge o normativa che possa influenzare il libero commercio di un prodotto o di un servizio

La tabella illustra l'entità (scala 1-100) delle barriere non tariffarie fra USA ed UE nei vari settori commerciali così come essa viene percepita dalle aziende. E' tratta da “Reducing trans-atlantic barriers to trade and investiment”.

c) I problemi legati all'eliminazione delle barriere non tariffarie

Adesso le merci prodotte negli USA rispondono a standard diversi rispetto alle merci omologhe prodotte nell'UE: vale per le auto (sono diverse le luci, i limiti di emissioni di anidride carbonica, le cinture di sicurezza6)), il cibo, i cosmetici, i prodotti chimici… Vale praticamente per tutto. Gli standard europei, in linea generale, sono più attenti alla protezione della salute e dell'ambiente.

Uniformando gli standard, la medesima auto, il medesimo prodotto chimico, il medesimo cosmetico potranno essere venduti indifferentemente sia negli Stati Uniti sia nell'Unione Europea.

Gli Stati Uniti accetteranno mai di adeguarsi in tutto e per tutto agli standard europei? Sembra proprio che non ne abbiano la benché minima intenzione7).

Dunque, verosimilmente, il TTIP modificherà almeno in parte gli standard di cibo, cosmetici, prodotti chimici, auto eccetera che ora si producono e si trovano in commercio nell'UE: é già ufficiale infatti la disponibilità dell'UE a consentire l'importazione dagli USA di cibi contenenti residui di pesticidi più alti di quelli ammessi per i prodotti europei.

Il sottosegretario generale della Nato Rasmussen nel 2013 ha definito il TTIP "una NATO economica"8). L'espressione (che sottintende una concezione come minimo muscolare della politica commerciale) é per molti versi sovrapponibile ad un'altra: il TTIP é considerato "strategico" sia dagli USA9) sia dall'UE10), o per lo meno lo é stato fino all'insediamento di Donald Trump alla presidenza USA. Infatti il trattato

  • a) sottolineerebbe la supremazia mondiale dell'Occidente. Dato che USA ed UE rappresentano quasi la metà del PIL mondiale, tutti i Paesi del mondo verrebbero indotti ad uniformare gli standard dei loro prodotti agli standard che USA11) ed UE12) intendono stabilire attraverso il TTIP per facilitare i loro scambi commerciali. USA ed UE manderebbero inoltre un segnale di unità a Paesi come la Russia e la Cina
  • b) agendo in sinergia con altri trattati di libero scambio in fase più o meno avanzata di gestazione, il TTIP contribuirebbe ad unire fra loro le economie delle parti più ricche della Terra. Esse finirebbero per costituire una sorta di recinto blindato dal quale risulterebbero escluse la Russia e la Cina. Quest'ultima risulterebbe il Paese più punito dal punto di vista economico

Mettere in un angolo la Cina

La funzione anti-cinese del TTIP viene sottolineata da uno dei vari studi di impatto del TTIP. Si intitola "How to make TTIP inclusive for all?"13) ed è stato effettuato nel 2015 dall'IFO di Monaco di Baviera14)15), a firma di Gabriel Felbermayr16) e Rahel Aichele17), per il Bertelsmann Stiftung18)19).

Secondo Felbermayr e Aichele, il TTIP avrebbe l'effetto di punire la Cina dal punto di vista economico già di per sè. Il risultato sarebbe ulteriormente accentuato dall'interazione del TTIP con altri trattati commerciali.

Nella mappa qui sotto, Felbermayr e Aichele riassumono gli effetti planetari di un TTIP in grado di liberalizzare profondamente gli scambi commerciali fra USA ed UE. Per effetto del trattato - essi dicono - il reddito reale pro capite (cioè il potere d'acquisto, ovvero il reddito al netto dell'inflazione) aumenterebbe in tutto il mondo in media dell'1,3% in circa 10 anni (ovvero aumenterebbe di circa lo 0,13 all'anno), ma le variazioni del reddito non sarebbero uniformemente distribuite: negli USA ed in alcuni Paesi UE il reddito netto pro capite aumenterebbe di oltre il 2%; in altri Paesi europei (fuori e dentro l'UE), fra cui l'Italia, il reddito netto pro capite aumenterebbe dell'1-0,1%, e così pure in Russia, Canada, Nord Africa. I primi 10 ani di TTIP non produrrebbero cambiamenti significativi del reddito netto pro capite in Australia, in buona parte dell'America Latina e dell'Africa centrale e meridionale (variazioni comprese fra il -0,1% e il +0,1%), mentre causerebbero una diminuzione del reddito netto pro capite compresa fra -0,1% e -2% in alcuni Paesi fra cui Cina, Mongolia, Arabia Saudita.

La punizione economica della Cina risulterebbe ancor più netta in seguito alla sinergia fra il TTIP ed altri trattati commerciali. Felbermayr e Aichele chiamano questo scenario "il nuovo ordine mondiale del commercio". Esso discende, oltre che dal TTIP, dal CETA20) (il trattato di libero scambio prossimo ad entrare in vigore fra UE e Canada), dal TPP, dal trattato di libero scambio in corso di negoziazione fra UE e Giappone21) e dal RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership)22) in corso di negoziazione fra l'ASEAN23) del Sud Est Asiatico ed i Paesi con cui l'ASEAN stesso ha già accordi di libero scambio, cioè Australia, Cina, India, Giappone, Corea del Sud e Nuova Zelanda.

Secondo Felbermayr e Aichele e secondo il modello economico che essi utilizzano, l'effetto complessivo di tutti questi trattati sarebbe un aumento in tutto il mondo del reddito medio reale pro capite pari in media al 2,6%. Non viene esplicitamente chiarito l'arco temporale entro il quale il fenomeno dovrebbe prodursi; supponendo che - come nel caso del TTIP - si tratti di una decina di anni, l'aumento sarebbe pari allo 0,26% circa all'anno: il doppio dell'effetto che il TTIP avrebbe da solo. Però le variazioni del reddito non sarebbero omogeneamente distribuite: i maggiori vantaggi ricadrebbero quasi esclusivamente sui Paesi occidentali; alcune aree in Africa e in America Latina si ritroveranno in una situazione sostanzialmente invariata; il reddito reale pro capite diminuirebbe in pochissimi Paesi, fra cui la Cina.

"How to make TTIP inclusive for all?" non spiega perchè il TTIP farebbe aumentare il reddito reale medio mondiale dell'1,3%: si limita ad illustrare il modo non uniforme in cui sarebbe distribuito questo aumento del reddito. Per capuire come viene calcolata la cifra si può far ricorso ad un secondo studio di impatto del TTIP firmato dallo stesso autore, Gabriel Felbermayr (stavolta insieme a Benedikt Heid e Sybille Lehwald), e sempre pubblicato dal Bertelsmann Stiftung. Questo secondo studio si intitola "Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) Who benefits from a free trade deal? Part 1: Macroeconomic Effects"24) ed è stato pubblicato nel 2013.

"Transatlantic Trade and Investment Partnership" stima l'impatto del TTIP con un metodo diverso dal "computable general equilibrium model" utilizzato dallo studio del CERP per la Commissione Europea. Considera la diminuzione dei costi del commercio e l'aumento degli scambi prodotti - in media - dai precedenti trattati di libero scambio, applica questi parametri al TTIP e deduce i conseguenti effetti, senza peraltro specificare in quale arco temporale questi stessi effetti si produrrebbero. Di conseguenza, non viene calcolato di quanto aumenterebbero gli scambi commerciali negli USA e nell'UE per effetto del TTIP: viene invece presunto che questo aumento sarebbe pari all'80% circa, e vengono individuati e descritti gli effetti conseguenti.