Glifosato della Monsanto. Riautorizzandolo l’UE viola il principio di precauzione

L’UE è intenzionata a ri-autorizzare per i prossimi 15 anni il diserbante Glifosato della Monsanto, che l’Organizzazione mondiale della Sanità definisce “sospetto cancerogeno”. La decisione verrà presa lunedì. Lo riferisce il quotidiano britannico Guardian. Se davvero lo farà, l’UE andrà contro gli interessi dei cittadini europei, contro il principio di precauzione sancito dall’articolo 191 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) e contro quanto essa stessa ha appena  promesso al difensore civico europeo: cioè di non autorizzare mai più pesticidi quando mancano i dati necessari per affermare che sono sicuri.

Per l’EFSA (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) il Glifosato non è cancerogeno: lo asserisce sulla base di dati mai pubblicati e mai soggetti a revisione da parte della comunità scientifica internazionale perchè la UE li considera legati a segreti commerciali. E’ come se la nostra salute fosse affidata ad un “ipse dixit” medievale: per quanto sia paradossale, non è lecito chiedere all’UE di non ri-autorizzare il Glifosato sulla base del fatto che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità può far morire di cancro.

Però il Glifosato presenta vari altri punti critici ammessi dalla stessa EFSA nella valutazione che ha escluso la cancerogenicità: fra l’altro, è impossibile escludere che sia un interferente endocrino; esistono in proposito dei sospetti ma mancano i dati necessari per trarre delle conclusioni definitive.

Si può autorizzare un prodotto quando mancano i dati per affermare che è sicuro? No, non si può: l’UE ha ripetutamente agito così ma non deve farlo mai più, a meno che i dati mancanti non riguardino aspetti assolutamente secondari. L’affermazione rappresenta il succo dell’esame sul processo di approvazione UE  dei fitofarmaci effettuato dal mediatore europeo, conosciuto anche come difensore civico europeo o ombusdman.

Il lavoro del difensore civico europeo sui pesticidi è terminato pochi giorni fa: la Commissione Europea si è impegnata a seguire le sue raccomandazioni e a relazionare in proposito fra due anni. Dunque ora, se non si vuole infrangere la promessa, non si può ri-approvare il Glifosato. Non solo mancano i dati necessari per escludere che sia un interferente endocrino: addirittura, l’UE non ha ancora approvato – meglio, ha insabbiato – i criteri per identificare gli interferenti endocrini. A più di un anno di distanza, la lettera di sollecito che con altri europarlamentari avevamo inviato al commissario Andriukaitis non ha smosso le acque.

Se mai l’UE ri-autorizzerà il Glifosato, oltre ad infrangere le sue stesse promesse si porrà in rotta di collisione con le richieste degli esperti internazionali e con il loro appello a non basarsi “su scienza obsoleta”. In Italia decine di associazioni per l’agricoltura biologica, per l’ambiente e la salute chiedono al Governo di vietarne l’uso e la commercializzazione. Sarebbe ora. Il Glifosato – strettamente legato agli OGM – é in commercio dal 1974 e frutta alla Monsanto un giro d’affari pari a 4,8 miliardi di dollari all’anno.

Nel 2012 (i dati più recenti) ne sono state vendute  718.000 tonnellate, di cui il 16,6% in Europa: 1795 tonnellate in Italia. Di conseguenza il Glifosato è dappertutto: nell’acqua (in Lombardia, unica regione in cui viene monitorato, è nel 31,8% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali), nel pane e nelle urine, nella birra… Questa sostanza che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “probabilmente cancerogena” finisce anche negli assorbenti e nei tamponi.

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